“Padova urbs picta” patrimonio Unesco. Con il lavoro di un bellunese

“Padova urbs picta” patrimonio Unesco. Con il lavoro di un bellunese

Il ciclo affrescato del Trecento di Padova è patrimonio dell’Umanità. Nei giorni scorsi il via libera dell’Unesco a un traguardo che arricchisce la lista World Heritage del Veneto. E che – per certi aspetti – ha un legame con il Bellunese. O meglio, con un bellunese: Massimo Fornasier, che ha lavorato da vicino a un altro ciclo pittorico padovano. Molto vicino alla Cappella degli Scrovegni e distante solo un secolo dalle opere appena entrate nell’Unesco.

Matematico, oggi docente di Analisi Applicata e Numerica presso la Technische Universität München a Monaco di Baviera, dopo il diploma al liceo “Galilei” di Belluno, nel 1999 si laurea all’Universita di Padova. Ed è proprio nella città del Santo, a cavallo tra la fine degli anni Novanta è l’inizio dei Duemila, che Fornasier – ancora studente – lascia la sua impronta in un progetto ambizioso, legato a doppio filo agli affreschi padovani: il “Progetto Mantegna”. 

L’iniziativa, finanziata nel 2001 con un miliardo di lire dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova Rovigo, prevedeva il restauro completo degli affreschi di Andrea Mantegna nella Cappella Ovetari (scrigno d’arte nella Chiesa degli Eremitani), andati distrutti da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale. Era il marzo del 1944 e di quei capolavori per lungo tempo non rimasero che migliaia di frammenti, raccolti e custoditi per dei tentativi di ricollocazione, sempre andati a vuoto. Finché arriva il “Progetto”. Ed entra in gioco Fornasier.

«Il “Progetto Mantegna” – spiegava lui stesso in un’intervista pubblicata a ottobre dello scorso anno sulla rivista Bellunesi nel mondo – aveva come scopo il riposizionamento, innanzitutto virtuale, dei frammenti degli affreschi, mediante metodi matematici e informatici basati sul trattamento delle immagini digitali. Le idee del progetto sono nate dalla collaborazione di due docenti del Dipartimento di Fisica dell’Università di Padova, i professori Domenico Toniolo e Giuseppe Galeazzi. Mi sono unito a loro nel 1998 semplicemente come collaboratore volontario, dato che avevo concluso gli esami ed ero in attesa di iniziare la tesi. Non avendo trovato immediatamente un tema, ho deciso di non sprecare tempo e di impegnarmi in un lavoro di ricerca».

Tutto parte da qui. Da questa ricerca.

«Inizialmente – racconta ancora nell’intervista rilasciata all’Abm – il mio ruolo è stato quello di tradurre il metodo matematico elaborato dai due professori in un software efficiente che potesse essere implementato da un calcolatore. Così ho impostato i primi esperimenti che consentissero di verificare la correttezza e l’efficacia del metodo, metodo che poi ho formalizzato da un punto di vista matematico. Alla fine, questo è stato l’argomento su cui ho svolto la mia tesi di laurea».

Il metodo funzionava. Tanto che Fornasier – nel frattempo diventato dottore – e il professor Toniolo estendono i risultati sperimentali a un vero e proprio progetto di ricerca applicabile su tutti i frammenti per il completo restauro degli affreschi. È ciò che da il la alla realizzazione vera e propria.

«Il nostro laboratorio dedicato al “Progetto Mantegna” – ricorda – è stato finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo nel 2001 e gli affreschi sono stati infine restaurati a partire dal 2006, proprio sulla base dei nostri risultati». 

Oggi gli affreschi del Trecento di Padova portano il marchio Unesco di Patrimonio dell’Umanità. Quelli di Mantegna – ricostruiti digitalmente e in parte con i frammenti disponibili – ancora no. Ma costituiscono un esempio ulteriore di “urbs picta” e hanno lo zampino di un bellunese.

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