Dalla toga all’oro mondiale: il racconto di una vita normalmente straordinaria

Dalla toga all’oro mondiale: il racconto di una vita normalmente straordinaria

«Capita che con il mio ragazzo, anche lui tiratore, ci sfidiamo a bersaglio. Chi perde lava i piatti». Detto da una campionessa mondiale fa un certo effetto: evidentemente lava poche volte i piatti, dopo la cena. Ma Deborah Da Rold è così: sa dosare la leggerezza e la serietà. E quando il gioco si fa duro, inizia a giocare per davvero. Non per scherzo. Lo dimostra la medaglia d’oro che ha al collo, vinta ai Mondiali di tiro dinamico, disputati in Thailandia a inizio dicembre.

Di professione fa l’avvocato. Una vita di studio, professionalità ad altissimo livello. Poi la sera esce dall’ufficio e impugna la pistola. È la sua grande passione, nata come curiosità all’inizio («Mi sono appassionata guardando papà». Deborah, la bellunese che spara ai Mondiali di tiro in Thailandia), trasformatasi in hobby e diventata lo sport che l’ha portata a competere con i migliori tiratori di tutto il mondo. Anche con gente che fa questo di mestiere, e non per hobby. Eppure Deborah ha vinto un oro a squadre in Thailandia, ed è arrivata decima assoluta a livello individuale. 

Quando guarda la medaglia si illumina. E quando parla del suo sport, si apre un mondo. «Avete due giorni interi di tempo, vero?» scherza. In effetti, gli aspetti del tiro dinamico sono talmente tanti che due giorni non basterebbero. Serve un mix di rapidità e precisione, perché l’atleta deve sì mirare e sparare al bersaglio, ma all’interno di un percorso, da fare correndo. Insomma, meglio guardare Deborah all’opera, nei video girati durante le sue prove in Thailandia.

UN TOUR DE FORCE

L’avvicinamento ai Mondiali non è stato semplice. Deborah ha sempre lavorato e “relegato” all’allenamento le ore serali e i fine settimana. 

«Uscivo dall’ufficio e andavo a fare l’allenamento “bianco”, vale a dire la parte atletica. Sparavo nei weekend» racconta. «Ho seguito una preparazione precisa, facendo vita da atleta». O da asceta? 

Del resto, il tour de force per allenarsi è diventato tour de force anche dopo le gare. Premiazione al sabato in Thailandia, rientro in Italia la domenica e lunedì mattina di nuovo al lavoro, alla faccia del jet leg…

«Siamo partiti il mercoledì sera da Milano. Dopo una giornata intera di volo, siamo arrivati in Thailandia con la squadra italiana il giovedì sera, mentre le gare iniziavano la domenica. Abbiamo fatto subito il controllo armi e poi ho ritirato le munizioni che avrei utilizzato in gara, prenotate ancora in estate: non puoi portartele in aereo».

Subito dopo Deborah e i suoi compagni azzurri hanno cominciato a entrare nel clima di gara, con un giro per il campo. «Anche per dare un occhio agli esercizi di gara e memorizzare il percorso più semplice per realizzarli».

Esercizi che il paese ospitante ha trasformato in percorsi a tema, dalla frutta tropicale alle feste thailandesi. Cerimonia di apertura e via: le gare sono entrate nel vivo.

«ABBIAMO FATTO I CONTI DUE VOLTE PER CAPIRE SE AVEVAMO VINTO»

Una questione di tecnica, precisione, velocità. Ma anche di nervi saldi, concentrazione, dosatura dell’adrenalina e del battito cardiaco… Deborah da anni allena ogni minimo dettaglio. In maniera quasi maniacale. 

«Dovevamo svolgere 30 esercizi in cinque giornate di gara, con una giornata di pausa. Al mattino la competizione iniziava alle 6.30. Questo significa che devi essere in campo almeno mezz’ora prima. Quindi, sveglia alle 4, colazione con proteine e via, sapendo però che devi controllarti per tutta la durata dei Mondiali, quindi non puoi mollare la concentrazione a fine giornata. Piuttosto devi trovare delle valvole di sfogo per rilassarti e poi riportare alta la tensione».

Nei giorni di gara, Deborah ha dovuto tenere altissima la concentrazione anche per provare a calcolare i punteggi. «A un certo punto ho dovuto scegliere di mollare un po’ sulla gara individuale e concentrarmi al massimo sulla squadra. Ma il punteggio finale, rapportato agli avversari, non lo sai fino alla fine».

Eppure c’è stato un momento in cui la squadra azzurra ha saputo di aver vinto, prima dell’ufficialità. 

«Venerdì avevamo finito di sparare e mancavano ancora alcune squadre. Abbiamo deciso con i compagni di calcolarci il punteggio e capire come andava a finire». Sono momenti concitati, nei quali arrivano telefonate dall’Italia per sapere, per chiedere come è andata.

«Io facevo la somma con la calcolatrice, una compagna dettava i conti. Dopo i nostri punti, abbiamo provato a fare il conteggio della seconda squadra. E si vedeva che eravamo primi, ma non avevamo ancora realizzato. Poi, abbiamo smesso di contare… Ci siamo abbracciate e siamo crollate».

Qualche momento di trasporto emotivo. Poi le telefonate all’Italia per dare la notizia. 

«Un’emozione difficilmente descrivibile. Dimentichi tutto quello che hai passato negli ultimi anni per arrivare fin lì. Poi ti vengono mille dubbi. Tornando in albergo abbiamo fatto i conti altre due volte, piene di dubbi di aver sbagliato qualcosa».

DISCIPLINA OLIMPICA?

Adesso Deborah è tornata alla vita di tutti i giorni. La pistola è ancora nella valigetta, mai più riaperta dopo i Mondiali. L’arma andrà pulita e tornerà a essere utilizzata a breve. Perché ci sono diversi appuntamenti in programma. E un sogno che potrebbe diventare realtà. Perché il tiro dinamico sembra in odore di Olimpiadi.

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