Mancano medici in montagna, Uncem: «Siamo al “vietato ammalarsi”»

Mancano medici in montagna, Uncem: «Siamo al “vietato ammalarsi”»

«Le ordinanze del “vietato ammalarsi” dei sindaci della Val Trebbia non sono altro che una nuova puntata nell’emergenza dei servizi nei territori alpini e appenninici. La mancanza di medici e pediatri di base sui territori è da anni sui tavoli del ministro Speranza e di tutto il Governo. L’intervento sarà sempre tardivo». Uncem (Unione nazionale Comuni enti montani) denuncia così la situazione della sanità di montagna. Una situazione fatta di carenza di medici e pediatri. Che diventa causa di abbandono e spopolamento. 

«Chi se ne va, lo fa per mancanza di opportunità e di sicurezza. Senza medici è evidente che si preferisce andare altrove» dice Marco Bussone, presidente Uncem. «Ma la soluzione non sono le case della salute e gli ospedali di comunità per i quali si stanno investendo, un po’ in fretta e a caso, centinaia di milioni del Pnrr. Queste due opportunità non sono negative, ma risolvono poco o niente. Anzi, rischiano di delocalizzare i servizi portandoli “più in basso”, solito problema delle valli. Spostare in basso vuol dire annullare, togliere, abbandonare». 

Il problema per Uncem si trova nelle risorse umane. «I medici non ci sono e dovranno tornare a esserci. Si aumentino le specializzazioni universitarie – prosegue Bussone -. Poi servono scelte politiche adeguate e incentivi economici per chi tiene aperto uno studio nel paese da cento o duecento abitanti, a mille o milleduecento metri. Perché queste comunità non sono costituzionalmente meno importanti di altre numericamente più grandi, come ripete continuamente il presidente Mattarella. Se le istituzioni, le Regioni in particolare, non si attivano subito, la spirale della “discesa” continuerà a determinare insicurezza e spoliazione dei servizi. Che i sindaci giustamente denunciano, arrabbiati e preoccupati».

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