Mais, il rilancio con le varietà antiche. Obiettivo brand gastronomico

Mais, il rilancio con le varietà antiche. Obiettivo brand gastronomico

Sponcio, Fiorentin, Ungherese, Nòstran di Sterch, Locale di Pellegai, Nostrano di Puos d’Alpago, Nostrano di Trichiana, Cinquantin di Lamon, Bianco di Quero, Bianco di Lastreghe, Rosso di Quero, Rosso di Fonzaso. Sono solo alcuni nomi delle più diffuse vecchie varietà di mais per polenta, presenti fino agli anni Sessanta nella campagna bellunese. Un ricco patrimonio, oggi quasi completamente scomparso in coltivazione, che qualcuno vorrebbe rilanciare valorizzandolo in sinergia con i settori del turismo di qualità e dell’enogastronomia. Obiettivo: dare vita al brand gastronomico “mais Valbelluna”.

IL CONVEGNO

È questo il tema al centro del convegno che si svolgerà sabato prossimo (29 ottobre), alle 10, alla Villa di Modolo, dal titolo “Sorgo turco della Valbelluna. Il rilancio economico di una risorsa antica”, organizzato da Confagricoltura Belluno. Dopo i saluti di Diego Donazzolo, presidente provinciale di Confagricoltura, e l’introduzione di Francesco Miari Fulcis, proprietario della seicentesca Villa di Modolo, interverrà Paolo Doglioni (presidente provinciale di Confcommercio), sulla storia del sorgo turco in Valbelluna. Quindi Stefano Sanson, dell’istituto agrario di Feltre, illustrerà varietà, tecniche di coltivazione e rese; Elisa Calcamuggi (Dmo Dolomiti) si soffermerà sul brand Valbelluna tra turismo ed enogastronomia. Infine le testimonianze di Cristian Casanova, della cooperativa La Fiorita, e Andrea Menazza, dell’omonimo pastificio, sulla filiera del mais nel Bellunese.

AGRICOLTURA IN VALBELLUNA

Nella Valbelluna si stima la presenza di 2.800 ettari coltivati a mais. Di questi, circa 40 ettari sono coltivati con le antiche varietà, soprattutto Sponcio. Ma alcune aziende stanno cominciando a valorizzare altre interessanti varietà, anche a granella violacea scura. 

«Da sempre spingiamo per far crescere le produzioni della montagna bellunese, patrimonio dell’Unesco. Cerchiamo anche di far emergere le varietà autoctone, che sono state abbandonate in passato, ma che oggi trovano grande risposta sui mercati perché il turismo è sempre più alla ricerca di questi prodotti particolari, da offrire alla clientela più selezionata» spiega Diego Donazzolo. «Dietro a tutto questo ci stanno, ovviamente, le strategie di marketing, che vanno supportate. Ora dobbiamo cercare di mettere insieme le forze per portare avanti il progetto di valorizzazione delle antiche varietà del mais e raggiungere insieme l’obiettivo».

Si allinea Paolo Doglioni, presidente di Confcommercio: «L’agricoltura è funzionale al commercio, al turismo e alla salvaguardia del territorio. La biodiversità nostrana, se ben valorizzata e connessa al settore turistico ed enogastronomico, in un territorio come quello bellunese può essere una sicura risorsa».

UNA STORIA DI QUATTRO SECOLI

A introdurre il granoturco nel territorio bellunese fu Benedetto Miari, antenato di Francesco Miari Fulcis, che nel 1617 fu incaricato dalla Repubblica Veneta di testare il granoturco (in dialetto bellunese sórc o sórgo) e di introdurne la coltivazione prima nel Bellunese e poi nel resto del territorio. «Da allora c’è stato un crescendo di coltivazione e uso del mais in tutto il Veneto – spiega Miari Fulcis -, e anche noi lo abbiamo sempre coltivato soprattutto a uso zootecnico. Oggi, però, abbiamo ricominciato a immaginarlo come recupero delle varietà antiche, per l’alimentazione quotidiana, e magari arrivare a creare un marchio in abbinamento con il turismo, l’enogastronomia e l’arte. Se c’è chi ha promosso il proprio territorio attraverso il Culatello o il Parmigiano, non vedo perché la Valbelluna non potrebbe fare altrettanto con il mais Sponcio e altre varietà. Per quanto ci riguarda, abbiamo un progetto di valorizzazione di Villa di Modolo, e di tutto il borgo agricolo attorno, che passerà proprio dal rilancio delle produzioni agricole abbinate a turismo e arte».

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