L’ape sulla mano. E quel legame stretto da riscoprire

L’ape sulla mano. E quel legame stretto da riscoprire

Emanuela Bolzan ci porta a scoprire il magico mondo delle api 

Le mani nude dentro l’arnia, spostare le api con un po’ di fumo, staccare il favo e osservare. 

Nel pieno dell’estate, negli anni Ottanta si poteva fare, lo facevo. 

Ero una ragazzina, seguivo mio padre apicoltore per imparare. Pantaloncini corti, maglietta, la maschera per proteggere il volto e la testa, bastava quella. 

Le api indaffarate ci riconoscevano. Erano poche quelle che sacrificavano la vita per pungerci. 

Oggi le malattie, i pesticidi, il clima che cambia le hanno rese meno docili e mettono a rischio intere colonie.

Sono golosa di miele, ma non ho alveari, ho sviluppato una lieve allergia alle punture. Scrivo, racconterò di api, di apicoltori, di uomini e donne che coltivano l’orto, potano l’albero in giardino, di giovani che seminano i campi dei nonni.

L’ape stanca si riposa sulla mano dell’uomo e si nutre in un legame stretto stretto.

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