«Il prezzo della crisi non lo paghiamo noi». Cobas lancia l’appello

«Il prezzo della crisi non lo paghiamo noi». Cobas lancia l’appello

Da una parte le famiglie, costrette a pagare bollette ormai asfissianti. Dall’altra le imprese, sotto scacco di costi esorbitanti e carenza di materie prime. L’ultimo caso è quello della Sest di Limana (in foto), che ha messo in cassa integrazione i dipendenti perché non trova più i materiali per produrre. E proprio dalla Sest parte un appello. È quello del sindacato di base Cobas: «Non intendiamo pagare noi il prezzo della crisi».

Benedetto Calderone, sindacalista nell’animo, ha deciso di convocare un’assemblea pubblica. Lavoratori, cittadini, imprenditori… tutti invitati sabato prossimo (15 ottobre) alla Casa dei beni comuni, ex caserma Piave, a Belluno. 

«La crisi in cui siamo tutte/i immersi, dovuta sostanzialmente all’escalation militare dello stato di guerra e alle speculazioni connesse (aumento dei costi energetici e difficoltà di reperimento di materie prime) ha raggiunto, come era facilmente prevedibile, anche il nostro territorio con decine di piccole e medie attività che rischiano la chiusura e, soprattutto, con centinaia – forse migliaia – di lavoratori e lavoratrici dipendenti che vedranno le loro condizioni materiali, già pesantemente messe a dura prova da decenni di politiche liberiste, ulteriormente peggiorare» scrive Adl Cobas in una nota stampa.

«Emblematico è il caso della Sest di Limana, dove è stato ufficialmente dichiarato lo stato di crisi con la conseguente messa in cassa integrazione (anche a zero ore) di oltre 300 dipendenti e con il mancato rinnovo di diversi contratti a termine. La crisi della Sest rischia purtroppo di rappresentare il probabile scenario futuro con cui, prima o poi, tutte e tutti saremo costretti a confrontarci. Riteniamo infatti che, aldilà delle difficoltà contingenti legate agli scenari di guerra, si sia di fronte a una crisi sistemica del modello di sviluppo basato su logiche iper liberiste. Disuguaglianze, povertà diffusa, emarginazione, esclusione sociale, cambiamenti climatici, conflitti tra i vari nazionalismi sono solo alcuni dei mostri prodotti da un paradigma sociale sempre meno sostenibile. Di fronte a questi scenari, il rischio concreto è che i singoli individui, sopraffatti dalla complessità dell’esistente e dall’aggressività della crisi in atto, siano sempre più indotti a sviluppare “passioni tristi”: individualismo esasperato, isolamento, depressione, rassegnazione… mentre i possessori di grandi capitali si arricchiscono ulteriormente speculando sulle nostre bollette e sulle sorti di un conflitto sempre più inaccettabile».

«L’unica forma di contrasto di tali dinamiche è, per noi, la costruzione di reti solidaristiche capaci di analisi e mobilitazione sociale, reti e comunità che mettano in discussione l’attuale modello sociale» continua Adl Cobas. «Per queste ragioni invitiamo a partecipare a una assemblea pubblica sabato 15 ottobre alle 15 nella sede di “Casa dei beni comuni” all’ex caserma Piave di Belluno. Sarà un momento collettivo di dibattito e di costruzione dal basso di una iniziativa pubblica di mobilitazione che dia visibilità al disagio che tutte e tutti stiamo vivendo e che chieda l’immediato stop al conflitto in atto».

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