Il patibolo di piazza Campedel: 78 anni fa l’eccidio dei martiri

Il patibolo di piazza Campedel: 78 anni fa l’eccidio dei martiri

Era un sabato. Belluno e l’intera provincia facevano parte del Terzo Reich, annessi alla Germania di Hitler ormai da quasi un anno e mezzo. Nell’ultima settimana la guerriglia aveva avuto un’escalation. E i nazisti decisero di trasformare l’allora piazza Campedel in un patibolo a cielo aperto: un orrore da sbattere davanti agli occhi dei bellunesi per incutere loro paura, come fanno tutti i dominatori stranieri quando si trovano in difficoltà a controllare un territorio. Oggi quella piazza, salotto buono della città, è intitolata ai martiri. Ai quattro partigiani impiccati ai lampioni. Giusto 78 anni fa: era il 17 marzo 1945.

Gli antefatti sono due e vanno indietro di una settimana. Il primo è il più noto: l’impiccagione di alcuni partigiani al Bosco delle Castagne, un atto di rappresaglia per l’attacco della Resistenza bellunese al poligono di tiro, dove vennero feriti diversi soldati nazisti. Il secondo invece ebbe luogo proprio in piazza Campedel. Il 15 marzo tre appartenenti ai Gap (Gruppi di azione patriottica, nati su iniziativa del Partito Comunista) comandati da Ferdinando Piazza “Sgiufa” spararono contro dei fascisti: uccisero Francesco Franco Lodati, e ferirono gravemente Mario Di Dio. Per rappresaglia i tedeschi stabilirono il rapporto di 1 a 10: per ogni tedesco (o fascista) ucciso, 10 italiani giustiziati. In realtà ne furono concessi “solo” 4: Salvatore Cacciatore “Ciro”, siciliano 25enne, Valentino Andreani “Frena”, contadino di Valmorel, Giuseppe De Zordo “Bepi” di 42 anni oste a Castellavazzo e Gianleone Piazza “Lino”, 22enne bellunese.

Nel tardo pomeriggio di quel sabato 17 marzo furono portati in piazza, legati e scortati dal comandante della Gestapo Georg Karl. Secondo quanto riportano le fonti, i nazisti volevano che ogni condannato giustiziasse un compagno, ma i partigiani si rifiutarono. I negozi del centro si affrettarono a chiudere le serrande, ma i soldati tedeschi obbligarono più di qualcuno ad assistere alla scena. In un’atmosfera spettrale, in mezzo agli ordini impartiti in tedesco, i partigiani salirono sul patibolo gridando “Viva l’Italia”. Il vescovo dell’epoca fece mandare un sacerdote con gli oli santi per dare l’estrema unzione e benedire le salme.

I corpi rimasero appesi due giorni interi, fino a lunedì. Il ricordo vive ancora oggi, 78 anni dopo, nel nuovo nome della piazza. 

Nella foto (Fondo Aldo Dal Fabbro, della biblioteca civica di Belluno) si intravvede uno dei quattro partigiani impiccati al lampione.

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