Oltre 300 milioni di euro dall’autostrada: la ricchezza di Trento e Bolzano va oltre l’autonomia

Oltre 300 milioni di euro dall’autostrada: la ricchezza di Trento e Bolzano va oltre l’autonomia

Riceviamo e pubblichiamo la seconda parte dell’ultimo saggio del professor Giovanni Campeol, già docente allo Iuav di Venezia, dal titolo “Processi d’implosione geografica e competizione territoriale in area alpina. Alpeuregio vs la Provincia di Belluno (qui la prima parte: Trento e Bolzano alla conquista del Bellunese: capitolo primo).

 

L’autostrada A22 del Brennero

L’asse autostradale del Brennero è il più importante motore economico della Regione Trentino-Alto Adige e del Land del Titolo per effetto dei rilevanti introiti derivanti dai pedaggi autostradali e per il fondamentale ruolo di asse della Trans-European Transport Network (TEN-T) europea, in quanto parte fondamentale del corridoio “Scandinavo-Mediterraneo”.

Autostrada che consente ad Alpeuregio di beneficiare della connessione trasportistica di questo territorio fungendo da “dogana moderna” che fa pagare un pedaggio sotto forma di costo dell’uso dell’infrastruttura. Infatti l’autostrada A22 del Brennero presenta importanti dati trasportistici e finanziari dai quali emerge che, in particolare, dal 2012 al 2017 vi è stato un costante aumento del traffico (dai circa 65 milioni ai circa 71 milioni di veicoli totali) e dei pedaggi (da circa 270 milioni di euro ai circa 312 milioni al netto di Iva e devoluzioni).

Tuttavia Alpeuregio nelle motivazioni che stanno alla base della sua costituzione non presenta in modo esplicito questo aspetto che invece si rappresenta come fondamentale nel senso che se nel 1968 non fosse stata costruita l’autostrada del Brennero, sarebbero sicuramente venute meno le motivazioni culturali e politiche che stanno alla base della costituzione nel 1995 di Alpeuregio.

Oltre ai benefici economici straordinari ottenuti con l’autonomia speciale, la concessione data dallo Stato italiano alla società A22 del Brennero SpA per la gestione di questa autostrada si rappresenta come uno straordinario aiuto economico al Trentino-Alto Adige. Infatti questa regione, possedendo il 33% del capitale azionario, di fatto governa la società A22 del Brennero SpA.

 

La Provincia di Belluno

Nel contesto geografico dell’arco alpino orientale in zona contermine e a Sud-Est di Alpeuregio si colloca la provincia di Belluno, parte nord della Regione Veneto, confinante con l’Austria.

Territorio questo che si rappresenta come un cul-de-sac geografico, in quanto incuneato tra le regioni a statuto speciale come il Trentino-Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia.

Il Veneto è anche l’unica regione alpina italiana che non possiede un valico alpino in quanto mancante di infrastrutture stradali di tipo “A – Autostrade” e di tipo “B – Strade extraurbane principali” capaci di collegare i territori alpini al di là del confine italiano. Mancanza che è una delle cause, assieme alla competizione negativa di Trento e Bolzano, del processo di decadenza del Bellunese. Infatti un valico alpino consentirebbe alle merci e alle persone del Veneto e della provincia di Belluno, in primis, di raggiungere velocemente i mercati del Nord-Est Europa, in particolare quelli più dinamici costituiti dal Gruppo di Visegrád composto da Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia.

Condizione questa che colloca la provincia di Belluno, come poche altre dell’arco alpino, in posizione di forte debolezza, nonostante siano ancora presenti molte attività manifatturiere, in particolare il “polo mondiale” dell’occhiale.

In questo contesto la provincia di Belluno con la nascita di Alpeuregio subisce una pressione competitiva molto forte da parte dalle provincie di Trento e Bolzano e, seppure in misura minore, da quelle di Pordenone e Udine.

In particolare la Provincia di Belluno si caratterizza per:

  • difficoltà nella movimentazione delle merci verso il Nord-Est Europa e viceversa;
  • grave deficit infrastrutturale causa una scarsa viabilità e mal gestita;
  • invecchiamento della popolazione;
  • progressiva perdita dei servizi sanitari;
  • regressione antropologica.

Condizioni queste che stanno producendo un processo di decadenza rappresentata dalla progressiva perdita di popolazione della Provincia di Belluno, indicatore chiave per capire i processi di trasformazione di un territorio. Di contro la regione Trentino-Alto Adige ha un andamento incrementale della popolazione.

 

La provincia di Belluno però presenta molti altri indicatori che dimostrano grande debolezza così come emerso dal recente studio della Cgia di Mestre del 2018.

Nel capitolo “Analisi socio-economica della provincia di Belluno” lo studio in sintesi afferma «[…] 

  • in appena 5 anni la provincia di Belluno ha perso il 2% degli abitanti (è il 5° risultato più negativo di tutte le 110 province italiane);
  • lo spopolamento è marcatissimo nell’alta montagna (-5% in 5 anni; nei comuni dell’alta montagna di Bolzano, invece, la popolazione è cresciuta: +2,7%);
  • l’incidenza dei giovanissimi (<15 anni) sulla popolazione complessiva è bassissima (12%) mentre la quota degli anziani è rilevante (26%);
  • il bilancio demografico della provincia di Belluno è drammatico: nel 2016 i nati sono stati circa la metà dei morti e il saldo migratorio estero è stato solo di poco positivo;
  • il tasso di imprenditorialità è molto contenuto (7%) e Belluno sta vivendo una fase di desertificazione imprenditoriale;
  • in provincia di Belluno il numero di imprese attive nei servizi turistici è diminuito mentre nelle altre realtà montane, in Veneto e in Italia è cresciuto;
  • le presenze turistiche sono inferiori ai livelli del 2008 mentre altrove aumentano;
  • i prestiti alle imprese sono crollati e il livello medio di indebitamento per impresa è molto basso (non si investe);
  • il tasso di occupazione è elevato solo perché i giovani in età lavorativa sono diminuiti a vista d’occhio: in 10 anni 10 mila individui in meno nella fascia di età 25-44 anni;
  • il valore aggiunto è sostenuto dall’exploit dell’export che in termini netti pesa per quasi il 50%; la difficoltà delle imprese è evidente (dal 2009 al 2017 le imprese attive sono scese di 6 punti %, le artigiane sono crollate addirittura del 10%)».

Lo studio della Cgia di Mestre conclude così: «[…] valutare i possibili sbocchi commerciali per le imprese. La decisione, ad esempio, se e come assicurare uno sbocco a nord, va presa considerando i costi/benefici e partendo da una analisi sulle grandi linee di spostamento, la dislocazione delle nostre imprese in modo da renderle maggiormente competitive e funzionali. Chiaramente questo comporta sacrificare parte del suolo, ma una simile decisione deve avere una prospettiva di sviluppo in grado di coniugare esigenze produttive, turistiche, in modo che la provincia nel suo insieme ne tragga il massimo vantaggio […]».

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