Domenica ha “celebrato” l’ultima giornata di sci per questa stagione. Tra alti e bassi, è riuscito a far sciare i bellunesi anche quest’anno. Eppure, per Legambiente il Nevegal non è altro che «accanimento terapeutico».
Il rapporto annuale “Neve diversa” derubrica così il colle dei bellunesi, insieme ad altre stazioni sciistiche dello Stivale che si barcamenano tra aperture e chiusure, costrette a fare a pugni con la poca neve naturale, e ciononostante benedette da un più che discreto afflusso di sciatori.
Nel documento di Legambiente, pubblicato pochi giorni fa, il Nevegal rientra nella lista degli impianti sottoposti ad “accanimento terapeutico”, per i quali forse sarebbe più logico gettare la spugna. Va detto che il Colle si trova in buona compagnia, dato che nell’elenco ci sono località note come il Terminillo (nel Lazio), Roccaraso (all’Aquila), e l’Abetone (in Toscana). Ma la descrizione che ne fa il dossier lascia ben pochi spazi alla speranza che la località possa risollevarsi facendo leva su sci e inverno.
«Caldo e poca neve, il Nevegal chiude le piste da lunedì a giovedì» scrive Legambiente, che ricorda anche la trattativa in corso con gli algerini. «Ci sarebbe un interessamento di una cordata algerina per la montagna bellunese. Milioni da spendere per una nuova funivia che da Fadalto raggiunga il Nevegal, lato Col Visentin, un nuovo impianto sciistico e un albergo-ristorante in zona Faverghera. Il tutto per un progetto da circa 50 milioni di euro. Gli impianti sotto i 1.600 metri di altitudine sono giocoforza insostenibili e vi è il paradosso che questi investimenti arriverebbero dall’export di gas metano che è la principale ragione per cui in Nevegal non ha più senso fare quel tipo di investimenti. Sarebbe fantastico che con quei soldi si pensasse a riconvertire il colle e il tipo di turismo che lo frequenta».