Un nome storico frutto di un errore: quando i bambini erano “Firmato”

Un nome storico frutto di un errore: quando i bambini erano “Firmato”

Un nome Firmato. Non griffato. Piuttosto, nato da un errore. Eppure, negli anni Venti molti bambini si chiamavano proprio così: Firmato (o Firmino, nel caso di parroci che non volevano conferire il sacramento del battesimo a un nome che non trovava corrispettivo nel calendario dei santi). Anche in provincia di Belluno ce n’erano diversi. Oggi non è più così. Del resto, il nome era di moda all’ora. E per uno strano caso.

Sono gli anni della Grande Guerra. L’Italia è entrata nel conflitto un anno dopo le altre potenze europee e gli scontri si prolungano. Finché dal fronte arriva la notizia della disfatta di Caporetto. Una tragedia nazionale, che fa saltare un po’ di teste. Su tutte, quella del baffuto Luigi Cadorna. Inevitabilmente nelle liste anagrafiche calano i “Luigi”.

Cadorna viene sostituito da Armando Diaz, è risaputo. Ed è proprio il nuovo generale a mettere la firma sulla vittoria di Vittorio Veneto e sull’armistizio di Villa Giusti. Già, la firma. La stessa che compare sul famosissimo Bollettino di Guerra del 4 novembre 1918, vergato in un inequivocabile stile propagandista (“La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il re, duce supremo, l’esercito italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta…”). Solo che all’epoca, per le alte sfere militari era abitudine sottoscrivere i documenti ufficiali non per esteso, ma solamente con il cognome. Tutti i documenti del generale si concludevano con la consueta formula “firmato Diaz”; se ne trova traccia anche nelle lapidi monumentali ancora presenti in moltissimi Comuni bellunesi.

Eccolo qui l’errore. L’accostamento costante e consueto dei due vocaboli finisce per convincere i lettori che Firmato Diaz (anziché Armando) sia il nome del generale vittorioso. Quello che ha fatto finire la guerra e tornare la pace. Un uomo da celebrare. A tal punto da battezzare con il suo stesso nome i bambini nati subito dopo la fine del conflitto. E gli uffici anagrafe di quegli anni lo possono testimoniare. 

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