Caro benzina, l’allarme della Fisascat Cisl: «Colpo di grazia per agenti e rappresentanti di commercio»

Caro benzina, l’allarme della Fisascat Cisl: «Colpo di grazia per agenti e rappresentanti di commercio»

«Un colpo durissimo a tutta la categoria, già messa a dura prova prima dalla pandemia, poi dalla carenza di materie prime che ha influito negativamente sugli ordini. Oggi, il caro carburante rischia di assestare un colpo durissimo, forse letale, agli oltre 5.000 agenti di commercio delle province di Belluno e Treviso (800 nel Bellunese e 4.200 nella Marca)».

Questo il grido di allarme della Fisascat Cisl Belluno Treviso, come spiega il responsabile del settore, nonché delegato Enasarco, Dario Zanatta (in foto): «Dopo aver passato tutto il 2020 a far comprendere alle istituzioni come intervenire correttamente per dare dei sostegni concreti alla categoria, avevamo visto una certa ripresa nel 2021, grazie alle parziali aperture fatte dal Governo dovute all’entrata in scena dei vaccini. In alcuni settori, l’incremento degli ordini è stato talmente importante da lasciar supporre un recupero delle perdite del 2020. Purtroppo ci siamo svegliati in una realtà per certi versi peggiore di quella precedente: mancanza di materie prime, aumento delle bollette di luce e gas, che portano i clienti a ridurre drasticamente gli ordini, e un aumento spropositato del carburante, indispensabile agli agenti di commercio per fare il loro lavoro. Tutti fattori che stanno mettendo in ginocchio la categoria. Come se non bastasse, è arrivata la guerra che, di fatto, ha bloccato le porte dell’est Europa, dove gli agenti di commercio del nostro territorio avevano aperto importanti mercati per le aziende del Trevigiano e del Bellunese».

«Chiediamo – prosegue Zanatta – al Governo e alla Regione di intervenire concretamente e con urgenza per gli agenti di commercio perché, senza coloro che favoriscono la vendita di beni e servizi, rischiano di esserci importanti ricadute su qualsiasi tipo di ripresa e un aggravio dei costi per le aziende, che dovranno trovare altri canali, decisamente più costosi, per promuovere e vendere i loro prodotti. Fermare questa categoria significa bloccare lavoratori che movimentano ogni anno tra il 60% e il 70% del PIL italiano».

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