C’è un bellunese che para a quasi duemila chilometri di distanza da casa. E ha ripreso in mano la sua carriera, quando il mondo del calcio sembrava avergli voltato le spalle. Perché, in quello stesso mondo, un portiere può essere considerato “vecchio”, se non addirittura “finito”, a poco più di 20 anni. E così, Gabriele Brino ha deciso di aprire la valigia, infilarci dentro i guantoni e una buona dose di coraggio, per raggiungere il Galles: in particolare, la splendida città di Bangor, dove milita una squadra che è plurititolata. Ma, a causa di alcune vicissitudini della vecchia società, è ripartita dalla serie B.
Gabriele, com’è nata questa opportunità?
«In maniera quasi casuale. Stavo per firmare con un club di serie A a Malta, però la trattativa non è andata a buon fine. Solo che ormai era arrivato il 10 agosto e, con il mercato agli sgoccioli, avevo quasi perso le speranze. Poi, grazie ai rapporti intrecciati negli ultimi tempi, è arrivata la chiamata dal Galles».
Perché non dall’Italia?
«Perché i regolamenti vengono redatti da qualche “scienziato”. Specialmente in serie D. Se sei un portiere, nessuno ti considera più quando si chiude la finestra dei tre anni da fuoriquota. Eppure il mio era stato un buon percorso: a Belluno ho esordito, poi a Campodarsego sono esploso. A 19 anni, avevo totalizzato una cinquantina di presenze in due stagioni. Tanto è vero che mi sono arrivate richieste da club di C e B».
Ora c’è il Bangor City.
«È stata una scelta di vita, volevo andare via dall’Italia e provare a intraprendere un’esperienza formativa all’estero. Mi stuzzicava l’idea».
Come va con l’inglese?
«Lo avevo imparato ai tempi della scuola, adesso l’ho perfezionato. Parlare questa lingua mi dà gioia».
Il livello della B gallese?
«Le prime 3 o 4 in classifica possono giocare nella C italiana, le ultime al massimo in Eccellenza. C’è una spaccatura netta. È un calcio completamente diverso rispetto a quello che si pratica da noi: molto più verticale. E più fisico».
L’obiettivo stagionale?
«Tornare nella massima serie e, nell’arco di tre anni, la qualificazione in Europa League o magari in Champions».
Il momento più alto?
«Quando abbiamo eliminato dalla coppa i campioni nazionali del Tns. È come se il Chievo battesse la Juventus. Siamo riusciti a spuntarla ai rigori e io ne ho parati due».
La quotidianità come si sviluppa?
«Ci alleniamo ogni giorno, al mattino. E noi portieri anche due volte. Il meteo? Piove spesso, è raro vedere il sole. E fa piuttosto freddo».
Il futuro di Gabriele Brino?
«Sogno il professionismo d’élite. E, per inseguirlo, ho capito che ci sono diverse strade. Non esiste solo l’Italia. Qui c’è un progetto: mi auguro di poterne far parte e di contribuire all’ascesa in Premier».