Anna Davia e la sua voce maestosa: dal Cadore ai palcoscenici di tutto il mondo

Anna Davia e la sua voce maestosa: dal Cadore ai palcoscenici di tutto il mondo

 

Il nostro territorio ha dato i natali a parecchi personaggi capaci di donare cultura e arte al Bellunese e non solo. Poco conosciuta, forse, è la storia della cantante lirica Anna Davia: nata nel 1743 a Nebbiù e battezzata a Pieve di Cadore il giorno successivo.

Pur non essendo il cognome di origini cadorine, è quasi certo che venne trasformato nel tempo per motivi artistici e non solo.

Anna, infatti, risiedette per quasi tutta la vita all’estero: Russia e Polonia, in particolare. Non si sa dove abbia studiato e approfondito il bel canto. Si sa solo che aveva una voce lirica: straordinaria.

Nel 1777 debuttò a Varsavia in una grande opera lirica e i giornali dell’epoca spesero parole di lode, sottolineando la magnificenza dell’interpretazione sul palco. Fece parte delle più grandi compagnie teatrali, in Francia. E a Parigi ebbe un enorme successo, mentre fra il 1779 e il 1782 venne scritturata al teatro di opera buffa di Pietroburgo..

Fu anche tormentata da amori travolgenti e scomodi all’epoca. Oltre ai teatri, frequentava i salotti degli zar di Russia. Era ricca, Anna: veniva pagata profumatamente e questo non le impediva di essere un po’ capricciosa. Divenne l’amante di un potente uomo di Stato. Benché sposata con Giovanni De Bernucci, cantante lirico, continuò una vita sentimentale movimentata, tanto da apparire nei giornali di allora non solo per la sua carriera artistica.

Non a caso, la sua relazione con il conte Bezborodko, non piacque per niente a Caterina II, la quale sciolse il contratto in anticipo alla compagnia teatrale. E non solo: venne espulsa definitivamente dalla Russia.

Anna tornò in Italia tra il 1787 e il 1788: il suo talento per il bel canto era così smisurato che fu subito ambita da vari teatri.

Cantò a Venezia, Firenze e non ultimo il San Carlo di Napoli. Anche la stampa Italiana la notò e le regalò attestati di stima.

Nonostante le luci dei riflettori, Anna rimaneva un’anima in pena. Visse da ricca, tra lustrini, paillettes e applausi. Riempì teatri, osannata dal pubblico, ma morì sola e in miseria, intorno al 1810.

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