Il lupo torna a far parlare di sé in Alpago: negli ultimi dieci giorni sono state sbranate 20 pecore. Stavolta è toccato agli allevatori Alessandro e Sebastiano Fullin, già colpiti in passato dalle predazioni.
«Hanno ucciso 5 pecore a mio figlio Sebastiano lunedì mattina e il resto a me, tra pecore e agnellini, in altri due assalti – dice Alessandro Fullin, allevatore di Confagricoltura Belluno -. Ma Sebastiano era già stato colpito in aprile, senza contare che l’anno scorso abbiamo subito 15 predazioni. Di 600 pecore che avevamo, ne saranno rimaste 550. Siamo sfiniti fisicamente. A parte la tensione nervosa, che ci distrugge, e la paura, lavoriamo tre ore in più ogni giorno per il lupo, perché abbiamo da gestire cento chilometri di recinzioni fisse durante il giorno, che servono per far mangiare le pecore; e in più le reti con corrente elettrica dove la notte chiudiamo i capi a rischio. E la sera che non ce la facciamo a chiudere tutto, il lupo è lì in agguato e fa strage di bestie».
Fullin sperava che la Regione gli mandasse un uomo in aiuto per chiudere le greggi durante la notte, ma non è arrivato. «Non ce la facciamo più, camminiamo 70 chilometri al giorno per fare tutto, ma siamo stremati – spiega -. Noi garantiamo la biodiversità con la pecora alpagota, ma non possiamo più farcela se ci sono i lupi, che ogni anno aumentano sempre di più. I lupi che stanno in Alpago vanno soppressi se si vuole che continuiamo a garantire la biodiversità».
Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura Belluno, è sconsolato: «La convivenza tra allevatori e lupo non è possibile, lo diciamo da anni. Purtroppo non è un problema solo nazionale, ma europeo, sorto da quando è stato varato il progetto Life Wolfalps per la conservazione della popolazione di lupo nell’ecosistema alpino. Si vuole che i lupi vivano assieme agli uomini nella natura, come accadeva secoli fa, ma non si è pensato alla tutela dei territori e delle attività economiche. Non si sono resi conto che in questo modo tutte le attività di alpeggio e allevamento verranno abbandonate. Ma se la politica europea è questo che vuole, abbandoneremo le stalle in provincia di Belluno e ci dedicheremo ad altro. Come organizzazione chiederemo però i risarcimenti per la chiusura delle nostre attività e per tutti gli investimenti fatti in questi anni».