Anche il fiume Piave ha i suoi marinai: gli Zattieri

Anche il fiume Piave ha i suoi marinai: gli Zattieri

C’era un tempo in cui le merci non viaggiavano su strada. Forse la rotaia era il modo più rapido per il trasporto, dopo i carri trainati da cavalli.
Ma, attorno al 1400 (forse anche prima), si aggiunse un nuovo modo di trasportare il legname tagliato da vigorosi boscaioli.
Nacquero gli “Zater”, gli Zattieri del Piave.
Chi erano? E soprattutto cosa facevano?
L’epopea degli Zattieri iniziò proprio in quel periodo, quando c’era un grande bisogno di lavoro e non tutti presero la valigia per migrare all’estero.
I boschi del Cadore, del Comelico e dell’Agordino erano una “miniera d’oro”: per lo più costituiti da larici e pini con il tronco lungo, adatti alle esigenze della Repubblica di Venezia.
Il legname veniva usato soprattutto per l’edilizia (le fondamenta della città) oppure nella realizzazione dei galeoni per l’Arsenale o le gondole. E il legno dei remi arrivava dai faggi della foresta del Cansiglio.
I lavoro degli Zater era davvero pericoloso: si tramandava di padre in figlio. Bastava un flutto del fiume o un temporale per rischiare la vita. O perderla, come è stato per molti.
All’epoca, però, era un lavoro redditizio.
Il taglio del bosco cominciava durante la luna di agosto.
Per trasportare i tronchi a valle, venivano usati anche gli affluenti del Cordevole o del Boite.
Da qui, i tronchi, già tagliati dalle segherie posizionate lungo i fiumi, erano condotti attraverso il Piave fino a Venezia: in pratica, si trattava di tronchi legati tra loro con grosse corde.
 C’erano ben tredici segherie lungo i fiumi: quella dei Meli era famosa all’epoca.
I marinai del Piave trasportavano ogni viaggio circa trecentomila pezzi, che venivano suddivisi in parti eque alle varie segherie. Le quali producevano l’energia idroelettrica per far funzionare le macchine.
Perché allora vigeva la regola “pane per tutti, lavoro per tutti”.
Era una forma di condivisione civile delle risorse, visti i tempi duri.
 Il lavoro era fatto a staffetta: dal Cadore o dall’Alto Agordino c’era il primo viaggio fino alla segheria. E dalla stessa segheria venivano incaricati altri Zater fino a Ponte Alpi e poi avanti verso Venezia.
Erano necessarie prestanza fisica e resistenza. Non era semplice condurre una zattera, soprattutto in un fiume in cui il fondale cambia in continuazione. Dove con facilità si potevano incontrare ostacoli: dighe naturali o correnti che portavano fuori rotta.
A ogni tappa, gli Zattieri scendevano fradici e tornavano a casa a piedi.
E l’indomani, all’alba, ancora “per acqua”. 
A trent’anni sembravano già vecchi: le mani indurite dai calli e piene di cicatrici.
Capitava a volte di trasportare altra merce fino Venezia e molti erano i furti, perché la povertà era tanta. Ma gli Zater erano gente onesta. Piuttosto i briganti, che a muso coperto facevano razzia. Aspettavano le piene, le zattere si arenavano in qualche ansa del fiume e il furto era fatto: degno del gatto e la volpe.
Inutili le denunce: i veri montanari hanno la pelle dura e vanno avanti.
Per coprire il debito del materiale perso, dovevano lavorare a lungo senza essere pagati. 
Onestà e laboriosità: questi erano gli Zattieri, i marinai del Piave. 

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