5×1000, i bellunesi preferiscono gli enti pubblici

5×1000, i bellunesi preferiscono gli enti pubblici

Sono tanti. Ma sono timidi. Gli enti bellunesi del Terzo settore non amano chiedere sostegno. O meglio, non utilizzano a dovere lo strumento del 5×1000. Introdotto nel 2006, permette al contribuente, in sede di dichiarazione dei redditi, di destinare una quota delle proprie imposte (il 5×1000, appunto) a organizzazioni no – profit, Comuni o enti gestori di aree protette.

Sono 379 gli enti con sede in provincia iscritti nel 2020 al registro nazionale, il 3,3% in più dell’anno precedente. Ma secondo Davide Moro, esperto e consulente di fundraising e comunicazione sociale per le organizzazioni non profit (che ha realizzato un’analisi approfondita del fenomeno) rappresentano poco più del 15% di tutti gli enti del territorio. Tra questi la maggior parte sono enti di volontariato e di utilità sociale (57%), associazioni sportive dilettantistiche (24%) e Comuni (17%). Tutti insieme nel 2019 sono riusciti a raccogliere 1.300.000 euro, grazie alla generosità di circa 46mila contribuenti. Un dato in aumento del 3,5% rispetto al 2018.

Tutto bene, dunque? Non proprio. L’analisi di Moro mette in luce alcune criticità. Le organizzazioni bellunesi non riescono ad attrarre molti contribuenti: tre su quattro hanno raccolto meno di 102 firme. In 13 casi, addirittura, non ne hanno ricevuta nessuna, nemmeno da parte di un membro del consiglio direttivo.

Inoltre le organizzazioni bellunesi fanno breccia su contribuenti con reddito più basso rispetto alla media nazionale. La “firma” media si attesta sui 22 euro e spiccioli, 4 in meno rispetto alla media nazionale, che nel 2018 è stata di 26,32.

C’è poi una costante, che i dati elaborati da Moro mettono in evidenza. Come gli anni precedenti, anche nel 2018 i bellunesi hanno preferito aiutare il “pubblico”. Tra le prime 20 organizzazioni per importi raccolti, 6 sono infatti enti pubblici: 5 Comuni più il Parco delle Dolomiti bellunesi. Un dato che fa riflettere su una scarsa capacità delle organizzazioni del Terzo settore di farsi ricordare al momento di compilare la dichiarazione dei redditi.

Una difficoltà che secondo Andrea De Bortoli, esperto di comunicazione per la sostenibilità, «Riflette una più generale riluttanza delle organizzazioni bellunesi ad aprirsi e raccontarsi. Un retaggio culturale che affligge ampi settori della provincia e che non permette al territorio di spiccare il volo e avere la riconoscibilità che merita. Resiste ancora l’errata idea che la comunicazione nei migliori dei casi sia un’attività marginale e accessoria, mentre nei peggiori sia un vero e proprio spreco di tempo e soldi. Esempi virtuosi, non troppo distanti da noi, ci dimostrano che raccontare le storie di chi fa parte dell’organizzazione e di chi beneficia della sua opera siano un potentissimo strumento per coinvolgere le persone e costruire un legame di fiducia, che porta alla crescita non solo della singola organizzazione, ma di tutta la comunità».

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