#restiamoliberi. È l’hashtag che accompagna una serie di manifestazioni che stanno attraversando l’Italia, da nord a sud. Con un obiettivo ben preciso: opporsi al disegno di legge sull’omotransfobia, ora in discussione in Parlamento.
A Belluno, nonostante la pioggia battente, si sono ritrovate una quarantina di persone: «Siamo orgogliosi di essere stati in piazza per dire no a una legge liberticida e anticostituzionale (articoli 19 e 21 della nostra Costituzione). Diciamo no, in particolare, all’istituzione di un nuovo reato: quello di omotransfobia. Reato che non viene definito dal legislatore, lasciando così enormi spazi a interpretazioni e derive liberticide. E che colpirà chi si esprime pubblicamente e in modo non allineato al politicamente corretto. Creare una categoria protetta, sulla base dell’orientamento sessuale, è contrario al principio di uguaglianza dei cittadini».
L’invito è partito dall’associazione Pro Vita & Famiglia: «In caso di approvazione del testo, chi gestisce una palestra potrà ancora vietare a un uomo che si “sente donna” l’ingresso nello spogliatoio delle donne? Sarà possibile per un genitore chiedere che il figlio non partecipi ad attività scolastiche inerenti temi sensibili sulla sessualità, se sono realtà che gravitano nel mondo cosiddetto Lgbt? Un sacerdote potrà ancora insegnare la visione cristiana del matrimonio? Sarà possibile dire pubblicamente che la pratica dell’utero in affitto è un abominio ed essere contrari alla legge sulle unioni civili?». Secondo i manifestanti, per tutte queste domande il disegno di legge promosso dal deputato Alessandro Zan ha una sola risposta: «No. Ecco perché siamo scesi in piazza».