Il lavoro inclusivo ha il dolce gusto del cioccolato

Il lavoro inclusivo ha il dolce gusto del cioccolato

 

Una mamma in gravidanza sta aspettando l’esito dell’amniocentesi. È un po’ inquieta al pensiero che il suo piccolo possa avere dei problemi. Così, per tradire l’attesa, entra in libreria: sente il desiderio di immergersi in un romanzo e di volare con la mente, sulle ali della parola scritta. 

Ma proprio in libreria incontra due ragazzi: stanno sfogliando alcuni libri, hanno una serenità contagiosa e scelgono con profonda consapevolezza il testo da acquistare. Entrambi hanno gli occhi un po’ a mandorla. E un cromosoma in più. Ma il loro sorriso irradia il locale. E spazza via i timori di quella mamma: «Se mio figlio dovesse avere la sindrome di Down, lo accoglierò come un dono. Perché questi ragazzi portano avanti una vita normale. E in autonomia». 

L’episodio risale a una decina d’anni fa, ma è indicativo rispetto alle conquiste delle persone con sindrome di Down, in provincia di Belluno. Al loro inserimento nella società. E a come vengono percepite dalla collettività queste donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini. 

Conquiste ottenute grazie anche, e soprattutto, al certosino lavoro della sezione provinciale legata all’Aipd: l’Associazione italiana persone Down. «Nel Bellunese – afferma la presidente Ines Mazzoleni Ferracini – siamo attivi dal 1987. E, in questi trent’anni, abbiamo puntato molto sull’autonomia nella fascia che va dai pre-adolescenti agli adulti. Perché l’autonomia porta a costruire un’identità. E a trovare una collocazione sociale». In questo senso, è stato realizzato un progetto di residenzialità, al di fuori del nucleo familiare, in via San Pietro, a Belluno. 

Peccato che il Coronavirus abbia lasciato strascichi poco piacevoli: «La mancanza di relazioni si è fatta sentire. Da marzo a maggio, i ragazzi sono rimasti in collegamento fra loro grazie alle operatrici. Le quali hanno promosso delle video-chiamate e realizzato una serie di tutorial. Anche il nostro personal trainer, Enrico Cassol, ha inviato degli esercizi fisici da riproporre poi a casa, visto che la palestra di Santa Giustina è rimasta chiusa». Ora le attività di gruppo sono riprese: «Non più di quattro persone per volta, però». 

Ma vivere in autonomia significa anche poter lavorare. Non a caso, è decollata la campagna “Salviamo la cioccolata”: «Con il costo di 5 caffè, è possibile sostenere i progetti di accompagnamento e inserimento lavorativo, rivolti alle persone con sindrome di Down. In cambio, consegneremo una buonissima tavoletta di cioccolato, ogni 5 euro di donazione. Basta un click». 

Un click che non è mai stato così dolce. E inclusivo

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