Un bellunese nel conflitto di Israele: «Le mie notti nel rifugio tra razzi ed esplosioni»

Un bellunese nel conflitto di Israele: «Le mie notti nel rifugio tra razzi ed esplosioni»

Gianluca Teza è un ricercatore bellunese. Più precisamente, di Ponte nelle Alpi. Ha 29 anni ed è uno di quei “cervelli in fuga” che tanto mancano all’Italia. Ma che l’Italia fa poco o nulla per trattenere. E così i titoli di studio, la preparazione e il bagaglio di competenze nell’ambito della Fisica lo hanno portato inevitabilmente all’estero: in Israele. 

ESCALATION – Teza abita a Rehovot, a 20 chilometri da Tel Aviv e a una cinquantina dalla Striscia di Gaza. Dove le storiche tensioni sono deflagrate in un conflitto che finora ha provocato un’ottantina di vittime. E il ricercatore vive da vicino questa fase drammatica: «La situazione è difficile – racconta attraverso Zoom -; per trovare una simile escalation di scontri è necessario andare indietro nel tempo di almeno 7 anni». 

DIECI LUNGHISSIMI MINUTI – Lunedì scorso, il buio della sera e della notte è stato illuminato dalle esplosioni: «I razzi a lungo raggio sono andati ben oltre Tel Aviv. Ho sentito le sirene e mi sono barricato nel rifugio dell’appartamento in cui vivo (“mamad”): una sorta di stanza rafforzata con ferro e cemento armato, caratterizzata da una finestra piccolissima e chiusa da una porta blindata. Quella notte si è verificato un attacco estensivo: 130 razzi nell’arco di 10 lunghissimi minuti. Sentivo le esplosioni sopra la testa, tremava tutto. Erano i razzi intercettati dall’Iron Dome (il sistema di difesa usato da Israele contro i razzi di Hamas)». Teza riesce a mantenere distacco e razionalità, almeno in apparenza: «Non mi sono mai fatto prendere dal panico, ma la situazione è tutt’altro che piacevole. Da due giorni non chiudo occhio, anche se la vera paura è per le rivolte locali: un paio sono scoppiate nelle città di Ramle e Lod, a 3 chilometri da me». 

FISICO TEORICO – La base di lavoro è al Weizmann Institute of Science: «Sono un fisico teorico, impegnato nell’area dei sistemi complessi. Mi interfaccio con discipline diverse, spaziando da economia, finanza, scienze sociali e biologia, a tematiche più legate alla fisica, nell’ambito della meccanica statistica». Perché Israele? Risposta tanto semplice, quanto amara: «La mia è stata una scelta un po’ forzata, visto che la ricerca non è una priorità per il nostro Paese. Qui gli investimenti sono pari al 5 per cento del prodotto interno lordo: in Italia, invece, si supera a stento l’1». 

SHABBAT – La quotidianità, a Tel Aviv e dintorni, è affascinante, ma complessa: «Fuori dalla grande città, si percepisce il fatto di essere in Medio Oriente, mentre Israele è uno Stato ebraico e la legge rispetta la religione. Durante lo Shabbat (la festa del riposo) si ferma tutto, compresi treni, autobus e in generale i servizi pubblici: così è necessario affidarsi a lavoratori non ebrei, di solito arabi. Ad ogni modo, cerco di muovermi il meno possibile: per gli impegni lavorativi, ma soprattutto per la pandemia. Solo una straordinaria campagna vaccinale ci ha finalmente concesso un ritorno alla normalità». 

CASA – Il richiamo delle Dolomiti, però, è ancora molto forte: «Sono innamorato di Belluno e delle nostre montagne. Ma allo stesso tempo adoro il mio lavoro. L’auspicio è di riuscire a conciliare queste due sfere». Solo così, Teza potrà tornare a casa. E l’Italia non riguadagnerebbe solo un “cervello”, ma anche un cuore che palpita per la terra che lo ha visto nascere. Crescere. E diventare un professionista stimato nel mondo.

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