Stagione positiva, la montagna funziona. Ma mancano lavoratori per il turismo

Stagione positiva, la montagna funziona. Ma mancano lavoratori per il turismo

Poca neve, costi delle famiglie alle stelle, crisi energetica… eppure la montagna vola. A conferma dell’appeal strepitoso del turismo invernale, che è tornato ai numeri del pre-Covid.

Mancano ancora i dati ufficiali della regione Veneto e della provincia di Belluno, ma il sentore unanime è che quella in corso (si potrebbe sciare quasi ovunque fino a Pasqua) sia una stagione di successo per la montagna. 

LO STUDIO

Secondo Jfc Skipass Panorama Turismo, Osservatorio italiano del turismo montano, la mancanza di neve è solo l’ultima delle grandi difficoltà affrontate in questi ultimi anni dal turismo della neve. Dopo la stagione ‘nulla’ dovuta al Covid-19 nel 2020-2021 e quella dello scorso inverno in cui non si è riusciti a tornare ai livelli pre pandemia, quest’anno, nonostante l’esplosione dei costi energetici e la mancanza di neve, le performance del settore sono state buone. Le previsioni di inizio stagione indicavano un fatturato di 9 miliardi 514 milioni di euro ma il pre-consuntivo (a fine febbraio) porta tale valore a 10 miliardi 120 milioni, in crescita del +15,7% sullo scorso anno e molto vicino ai dati della stagione 2018/2019. Nell’ultimo inverno pre pandemia, infatti, il fatturato arrivò a 10 miliardi 409 milioni. La riduzione dei costi energetici delle ultime settimane permetterà alle aziende della filiera di ottenere margini superiori rispetto alle previsioni di inizio stagione.

COSA MANCA?

Per la “montagna del domani” sono indispensabili 5 azioni strategiche. Così dicono da Jfc Skipass Panorama Turismo. In primo luogo la specializzazione: destinazioni tematizzate per tipologia di cliente e disciplina sportiva. Poi la socializzazione, ovvero uno sviluppo delle destinazioni montane come luoghi di relazione umana, anche con la comunità locale; lo sviluppo verticale, ovvero la creazione di nuove emozioni in quota (dalla ristorazione al benessere, dall’alloggio agli eventi). Importantissima sarà la sostenibilità autentica: fruizione dell’ambiente, qualità dei servizi e accessibilità per tutti. Infine la strutturazione del prodotto.

E IL PERSONALE?

In realtà sarà indispensabile anche un’altra azione: trovare lavoratori. Nei prossimi cinque anni l’industria del turismo offrirà circa 300mila posti di lavoro, ma quasi un quarto di questi (74mila posizioni) resterà scoperto secondo una stima dell’ultimo rapporto Excelsior Unioncamere che ha fatto luce su quello che è un vero e proprio paradosso.

L’offerta di impiego nel comparto viaggi e turismo sta infatti crescendo più che in altri settori economici, ma il fabbisogno non riesce a essere soddisfatto. Il gap è relativo principalmente alle competenze, dalle più classiche che si possono apprendere negli istituti di istruzione specializzati alle “nuove” relative al green e al digital; e fa sì che ci sia una distanza via via sempre più ampia tra quello che cercano le aziende dell’industria dei viaggi e quello che i candidati hanno da offrire in termini di competenze. Il risultato è che il lavoro c’è – e nel 2022 la domanda è aumentata del 15,4% a fronte di un aumento generale del 12,2% negli altri ambiti economici -, ma non ci sono i lavoratori, o meglio le figure adatte a ricoprire i ruoli vacanti.

L’anno scorso si è registrato un aumento esponenziale del mismatch. Se, infatti, nel 2019 era difficile reperire il 24% dei profili che venivano ricercati, nel 2022 questa difficoltà ha interessato oltre il 40% dei profili ricercati, con problemi nella programmazione dei servizi del comparto turistico.

Contrariamente a quanto si possa pensare, il divario non riguarda solo le figure di alto profilo. Si rileva il fenomeno nelle figure qualificate, come i manager, nel cui caso il gap è salito di 50 punti percentuali, nonostante un aumento della domanda. Questo vuol dire che tali lavoratori sono andati a lavorare in altri settori. La difficoltà nel reperimento delle risorse si riscontra anche per i tecnici del marketing (+43,6 punti percentuali), i cuochi d’albergo (+28,4%), i camerieri (+27,2%), nonché per il personale non qualificato addetto alla ristorazione (+13,3%) e per il personale non qualificato addetto ai servizi pulizia (+37,8%).

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