No, non è un banale triangolare in preparazione al campionato. Non per lui. Non per Stefano Mosca: da un punto di vista strettamente personale, ed emotivo, l’appuntamento di oggi ad Agordo vale più di una partita di Champions.
Perché ad Agordo va in scena il “Memorial Silvano Mosca”. E Silvano, scomparso un anno fa, è il padre del terzino sinistro del Belluno: l’appuntamento è allo stadio “Ivano Dorigo” (ore 18.30). Sul rettangolo verde, in partite da 45’, i gialloblù di mister Lauria, Agordina e Le Ville.
«Prima di tutto – afferma Stefano – tengo a ringraziare le due società che hanno voluto ricordare mio padre. Una persona che ha dato tanto per il territorio e si è sempre adoperata per la comunità». Silvano, un uomo di valore. E di valori: «Raramente l’ho visto arrabbiato. Era schietto e sincero, diceva quel che pensava, ma sempre con i dovuti modi e termini».
Il calcio? Una passione di famiglia: «Fin da piccolo mi portava a vedere le partite – riprende il terzino – sono cresciuto sui campi insieme a lui. Ricordo che mi svegliava a tarda ora quando c’erano i Mondiali e che una volta, per festeggiare la vittoria del Milan, mi ha vestito da Ruud Gullit. Condividere questi momenti, legati allo sport, è ciò che mi manca di più».
Papà Silvano era ben lontano dalla figura del genitore-allenatore: «Ha sempre avuto un atteggiamento distaccato e rispettoso, mai invadente. Parlavamo solo della partita, mai della mia prestazione individuale». Lascia un’eredità preziosa, che Stefano proverà a tramandare alle sue due bimbe: «Aveva uno splendido modo di rapportarsi con le persone. Non ha mai giudicato nessuno. Nemmeno suo figlio: anzi, cercava di immedesimarsi in me, voleva capire ciò che pensavo e provavo».
Immancabile un pensiero sul Belluno che sta nascendo: «La squadra c’è, è buona. E sono convinto che ce la giocheremo con tutti. Abbiamo diversi giovani in rosa. E noi più “vecchi” dobbiamo aiutarli a crescere. Mister Lauria? Mi piacciono le sue idee, così come la sua filosofia: è un tecnico aperto al dialogo e al confronto».
Ora, però, è tempo di far rotolare il pallone. Come avrebbe voluto Silvano. Che da lassù osserva. E non giudica.