Tiziana Bolognani e Damiano Tormen: c’erano anche due bellunesi fra i 41 giornalisti “altamente formati” che hanno concluso il corso “Raccontare la verità: come informare promuovendo una società inclusiva” voluto e organizzato da Università di Padova (Unipd), Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi) e Sindacato giornalisti Veneto (Sgv).
Iniziato lo scorso aprile, il percorso è terminato sabato 13 novembre a Palazzo Bo, sede prestigiosa dell’Ateneo patavino, con la discussione delle “tesine” delle corsiste e dei corsisti.
La giornata conclusiva è stata introdotta dal presidente Fnsi Giuseppe Giulietti che, portando i saluti del segretario generale Raffaele Lorusso, ha sottolineato ancora una volta l’originalità e la dirompenza del «laboratorio di Padova, unica esperienza del genere in Italia e forse in Europa, per aver saputo, caratteristica rara, unire l’articolo 3 e l’articolo 21 della Costituzione, abbattendo le barriere fra mondo della ricerca e mondo del giornalismo. Qui si sono gettate le basi di un lavoro di studio rigoroso, pianificato, impegnativo per sviluppare quel pensiero critico senza il quale non si può riconoscere e smascherare il falso. Il modello Padova deve essere esteso a livello nazionale, in tutte le assostampa regionali e mi auguro che anche l’Ordine dei giornalisti possa supportarlo appieno come ha fatto quello Veneto».
Con il professor Salvatore Soresi, filosofo e psicologo, la professoressa Laura Nota, direttrice del corso, ha toccato il tema dell’indignazione e del coraggio di dire e di riferire. Soresi, al riguardo, ha esortato giornalisti e ricercatori «a continuare a fare/essere sentinelle all’interno di una società in cui l’eccezionalità rischia di diventare normalità, con leggi e norme speciali, in cui le competenze vengono delegittimate, in cui il contesto viene dimenticato o azzerato per lasciare campo libero agli “uomini della provvidenza”».
Nota dal canto suo ha ribadito quanto e come l’attività laboratoriale, multidisciplinare e intersettoriale, abbia puntato «sulla scrittura che modella il pensiero, coinvolgendo in maniera diretta le corsiste e i corsisti nella consapevolezza che il nostro lavoro è un contributo alla democrazia. Non ci possono essere trasformazioni sociali senza trasformazioni culturali: per questo serve agire in modo coraggioso per combattere l’indifferenza».
Quindi il testimone è passato a Roberto Reale, giornalista e studioso, che insieme a Monica Andofatto, segretaria regionale Sgv, ed Enrico Ferri, giornalista, è componente del gruppo coordinatore, con Nota responsabile.
Reale ha dialogato con Carlo Verdelli, ex direttore di Repubblica, ora firma del Corriere della Sera, autore di Acido, edito di recente da Feltrinelli: «Era il 23 aprile, il giorno stesso in cui sono stato minacciato di morte, dopo che mi era stata assegnata la scorta, che ho tuttora, perché il ministero teme per la mia sicurezza personale, a seguito delle ripetute intimidazioni sui social da parte di aree afferenti alla destra e non solo. Tutto era partito da un titolo in prima pagina “Cancellare Salvini” che sintetizzava la volontà del nuovo governo giallo-rosa di cancellare i decreti introdotti dal leader leghista. Mi sono chiesto tante volte – ha continuato Verdelli – perché fosse stato scelto proprio quel giorno per liquidarmi, il giorno in cui io ero più esposto, il giorno in cui ero sotto tiro e Fnsi e Articolo 21 hanno lanciato un appello alla solidarietà sui social. Ma ancor di più ciò che mi ha amareggiato e spaventato è stato il silenzio, assoluto, che ha circondato questa operazione. Sono stato completamente isolato».
Verdelli ha spiegato il significato profondo della chiusa dell’editoriale con cui si è accomiatato dai lettori di Repubblica. L’unico scritto on line, sul sito, perché il giorno dopo, vigilia della Festa della Liberazione, il quotidiano non sarebbe stato in edicola per lo sciopero dei suoi giornalisti. «Partigiani si nasce e non si smette di esserlo – ha ribadito Verdelli – è anzitutto una rivendicazione professionale, sulla scia dell’insegnamento di Scalfari il quale ricorda sempre che “i fatti non sono neutri”. Vuol dire che il giornalista deve prendere posizione in modo chiaro, trasparente e anche, appunto, acido. Ne va della sua credibilità, della sua reputazione ma non so se oggi questi valori freghino o meno a qualcuno».