“No” al bacino sul Vanoi: «Rischi molto superiori ai benefici»

“No” al bacino sul Vanoi: «Rischi molto superiori ai benefici»

La Provincia di Belluno «si dichiara contraria al progetto di sbarramento del torrente Vanoi per la realizzazione di un serbatoio». Ed «esprime profonda preoccupazione per l’incolumità degli abitanti posti a valle dell’invaso in progetto, unita alla preoccupazione di compromettere in via definitiva uno dei pochi siti naturali ancora integri». Recita così il deliberato dell’ordine del giorno approvato dal consiglio provinciale di Belluno. Un testo varato all’unanimità per dire “no” al progetto avanzato dal Consorzio di bonifica Brenta per un bacino artificiale sul Vanoi, tra il Bellunese e il Trentino, con ripercussioni soprattutto sulla zona di Lamon. Proprio il sindaco di Lamon, Loris Maccagnan, era presente nella sala del consiglio durante la seduta.

A presentare l’ordine del giorno è stato il consigliere provinciale Simone Deola, delegato all’ambiente, con un excursus storico che costituisce la premessa della delibera. «Ogni vicenda fa storia a sé, ma non possiamo non associare il progetto del Vanoi alla diga del Vajont» ha detto il consigliere Deola. «Si tratta di un progetto che viene riproposto da almeno un secolo: la prima volta fu nel 1922, poi di nuovo nel 1955 e di seguito fino a oggi, quando è stato ripresentato con una forte accelerazione data dalla possibilità di utilizzare i fondi Pnrr».

«Un progetto che la prima volta venne presentato dalla Sade, la stessa che poi realizzò la diga del Vajont» ha aggiunto il consigliere Paolo Perenzin. «Non è un caso che abbiamo convocato questo consiglio a pochi giorni dal 9 ottobre, anniversario del Vajont: non è possibile commemorare le stragi del passato, pensando che il presente sia una cosa diversa. Non si possono commettere gli stessi errori». 

Il progetto dell’impianto del Vanoi, proposto dal Consorzio di bonifica Brenta, prevede la realizzazione di una diga alta 116 metri e la creazione di un lago artificiale da 33 milioni di metri cubi d’acqua. Il cantiere avrebbe una durata di 60 mesi, per un utilizzo di 245mila metri cubi di calcestruzzo.

«Viene proposto come bacino collegato al contrasto della siccità, tanto che la Regione del Veneto lo ha inserito al primo posto tra le richieste al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per quanto riguarda i finanziamenti Pnrr» ha sottolineato il consigliere Deola. «Ma la stessa Provincia di Trento ha evidenziato l’estrema pericolosità nell’avventurarsi in un’opera di questo tipo, dato che gran parte del territorio interessato dall’invaso si trova in area a rischio idrogeologico 4, il massimo della scala. Nello studio di pre-fattibilità ambientale i progettisti arrivano alle conclusioni, riportate nero su bianco, che “i Comuni montani che vedranno insistere nel proprio territorio la diga ne riceveranno gli effetti negativi connessi alla modificazione dell’ambiente naturale e all’incremento delle misure di sicurezza a fronte di possibili incidenti”. Chiediamo quindi di fermarci subito. Anche perché a nostro avviso, le strategie per contrastare la siccità sono altre, non certo il grande invaso». E difatti l’ordine del giorno sottolinea la richiesta agli enti preposti di eseguire i lavori di manutenzione, pulizia e sghiaiamento degli attuali bacini artificiali esistenti.

«I rischi sono di gran lunga superiori ai benefici e non possiamo che esprimere forte contrarietà e preoccupazione» ha sintetizzato il presidente della Provincia, Roberto Padrin. «Da sindaco di Longarone, a pochi giorni dal 9 ottobre, non posso non considerare la mobilitazione dei cittadini di Lamon, giustamente allarmati per la riproposizione di questo nuovo progetto che ha inevitabilmente dei parallelismi storici tristemente noti nella nostra provincia».

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