Turismo azzoppato: «Serve intervento deciso o ci saranno nuove povertà»

Turismo azzoppato: «Serve intervento deciso o ci saranno nuove povertà»

Il turismo è azzoppato. Non bastano le domeniche da zona gialla a risollevare le sorti del settore turistico. Anche perché gli escursionisti di giornata vanno e vengono quasi senza lasciare tracce, economicamente parlando. Reggono bar e ristoranti. Ma alberghi, settore dello sci e indotto? Piangono lacrime amarissime.

A lanciare l’allarme è la Provincia. «Siamo preoccupati per la tenuta dell’economia della montagna. Un inverno come questo rischia di cancellare centinaia di attività – alberghi, bar, ristoranti e tutto quello che gravita attorno alle stazioni sciistiche -. Serve un intervento deciso, soprattutto per tutelare le famiglie che dalla stagione invernale traggono il loro sostentamento» dice il consigliere provinciale delegato al turismo, Danilo De Toni. La notizia del rinvio a marzo per la stagione sciistica infatti ha sollevato diverse preoccupazioni nel Bellunese; non ultima quella della Provincia.

«I 500mila euro che abbiamo inserito nel cosiddetto “Piano Covid” ancora a dicembre non sono certo sufficienti – spiega il consigliere De Toni -. Li abbiamo destinati alle società che gestiscono ski aree, in quanto fulcro del turismo invernale, in modo da non disperdere le risorse in mille rivoli. Ora però si presenta un problema davvero impellente, che mette a rischio la tenuta sociale del nostro territorio. Perché dietro al turismo invernale ci sono centinaia di famiglie che lavorano e traggono il loro reddito. Se non arrivano ristori e risorse in grado di dare respiro a queste famiglie, ci troveremo con la fila davanti ai municipi e una sfilza di nuove povertà».

Dello stesso avviso anche le categorie economiche.

«Molte attività avevano già fatto acquisti, preparato i contratti dei collaboratori stagionali. Una comunicazione di proroga di chiusura che arriva a poche ore dalla riapertura è un danno ulteriore – dicono da Confartigianato -. Aprire la stagione invernale dopo la metà di febbraio non sarebbe stato comunque sufficiente a salvare l’inverno, ma avrebbe garantito un minimo di sopravvivenza a molte realtà che fanno dello sci e di tutto quello che ne consegue il loro core business. Ora, il repentino dietrofront del Cts pone l’intera montagna bellunese di fronte a un rischio che non possiamo permetterci di correre. Perché una riapertura dopo il 5 marzo, eventuale a questo punto, significherebbe per molte ski aree avere più costi che benefici».

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