Le custodiva gelosamente, quelle maglie gialloblù. Con cura e rispetto. Passione e orgoglio. Da vero uomo di sport, dotato di una sensibilità rara.
Una sensibilità che gli ha permesso di diventare un pioniere. E, insieme a Giampaolo Seno, di piantare il seme del calcio femminile, in provincia. Da lì è nata una squadra. Anzi, uno squadrone, capace di conquistare la massima serie e di girare l’Italia: Foggia, Cagliari, Lecce.
Sì, era un grande Belluno. Il Belluno di una giovanissima Carolina Morace. Ma anche, e soprattutto, di Bepi Zanfron. Perché è dalla sua soffitta che sono spuntate le maglie. Le stesse che il figlio Luca ha ritrovato. E ora vorrebbe donarle alle legittime proprietarie: «Quando Luca mi ha chiamato per informarmi di questo ritrovamento – racconta Cathia Romanzini, numero 10 di allora – è stato un colpo al cuore. Grazie a Bepi ho vissuto gli anni più belli della mia gioventù. Non potrò mai dimenticare i valori di quel calcio, plasmato con la passione e la genuinità».
Cathia deve molto al fotografo per antonomasia: «Ho solo ricordi speciali. A cominciare da quando mio padre lo contattò per chiedergli di prendermi in gruppo, visto che ero un “maschiaccio”. Non mi piaceva stare con le bambine, giocavo soltanto a biglie e a pallone».
Era un’altra epoca: «Molto più “vera”. Per andare ad allenarci, facevamo anche 3 o 4 chilometri a piedi. E con gioia. Perché il desiderio di scendere in campo era superiore a qualsiasi cosa. Ma non era un banale divertimento, tutto veniva svolto con serietà. Basti pensare che, se non ci presentavamo all’allenamento, scattava in automatico la multa. Però poi c’erano pure i premi partita. Anche in caso di sconfitta». Perle di un calcio che non c’è più. Ma i valori, quelli sì, rimangono. Grazie a un pioniere. A un fotografo. A un grande uomo di sport. O meglio, a un grande uomo e basta: Bepi.