La mano di Giuda che nasconde una saccoccia, contenente i famosi trenta denari. Un piatto da portata con un agnello, pietanza principale. E poi panini adagiati sulla tovaglia candida. E ancora brocche di vetro a contenere acqua e vino. Sono le simbologie tipiche dell’Ultima cena, resa celebre da Leonardo Da Vinci, e poi riprese da generazioni e generazioni di pittori. La visione prospettica del tavolo imbandito dipinto frontalmente è ripresa anche in diverse “Ultime cene” bellunesi. Due in particolare, che vale la pena visitare non solo oggi (6 aprile) che è giovedì santo.

Si tratta di due affreschi di Paris Bordon, pittore trevigiano di inizio Cinquecento, tra i più validi allievi di Tiziano Vecellio, da cui però si discosta per una impostazione più manierista.

Il primo si trova nella chiesa di Sant’Aronne, a Cusighe. Un’opera giovanile dell’artista, che la dipinse più o meno a vent’anni, a meno di 25 anni dalla celeberrima pittura leonardiana. I simboli però ci sono già tutti, compreso il personaggio di Giuda, isolato rispetto al gruppo degli apostoli, che nasconde la mano sinistra dietro la schiena, con tanto di sacchetto contenente i trenta denari. 

Decisamente più dinamica e sicura la pennellata del secondo affresco (nella foto in alto), conservato nella chiesa di San Simon, a Vallada Agordina. In questo caso, il pittore è più esperto, visto che si tratta di un’opera di Paris Bordon cinquantenne. Le espressioni dei volti sono meno impostate e più realistiche. Gesù guarda innanzi a sé con sguardo dolce e triste; tra gli apostoli corre un turbamento che si manifesta nei movimenti nervosi, nell’aria sgomenta e stupita. L’unico personaggio praticamente identico è Giuda Iscariota.