Storia lontana e storia recente: da una parte gli zattieri dall’altra il Vajont. C’è un forte legame d’acqua tra Longarone e Venezia, come è stato ricordato ieri mattina (21 maggio) nella festa della Sensa, che ha visto la cittadina bellunese stringere il gemellaggio adriatico con la laguna. Non senza un monito che arriva dalla vicina Emilia Romagna, dove l’acqua (insieme a una mancata prevenzione) in questi giorni ha provocato morti e distruzione.
L’antico rito della festa della Sensa è cominciato ai giardini reali, a due passi dalla basilica di San Marco, dove il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha consegnato al sindaco di Longarone Roberto Padrin e alla sua giunta l’anello dogale, dando avvio alla cerimonia del gemellaggio adriatico. Poi il corteo acqueo ha preso la volta del Lido, con i due sindaci, il Patriarca Francesco Moraglia e l’ammiraglio della Marina militare Andrea Petroni a bordo della Serenissima (che ha assunto le veci del Bucintoro). La festa si è conclusa con il rito dello sposalizio del mare e la messa celebrata nella chiesa di San Nicolò al Lido.
Nelle parole del sindaco Brugnaro e del Patriarca non è mancato un pensiero di solidarietà alle popolazioni dell’Emilia Romagna, alle prese con l’emergenza alluvione. «L’acqua che unisce Longarone a Venezia, l’acqua che è stata l’autostrada su cui gli zattieri hanno portato per secoli il legname delle Dolomiti verso la laguna per consentire alla Serenissima di costruire palazzi e navi, è una risorsa importantissima, ma che richiede rispetto» ha detto il primo cittadino di Venezia. «Il Vajont sessant’anni fa non ci ha insegnato a sufficienza quanto sia necessario avere attenzione della natura. E l’alluvione di oggi in Emilia Romagna lo dimostra».
Anche il Patriarca, nell’omelia, non ha mancato un passaggio forte sulla necessità di azioni concrete per garantire interventi sul territorio, nel rispetto della natura e nell’ottica della prevenzione.
«Per Longarone, il legame con Venezia è storia» sottolinea il sindaco Roberto Padrin. «Una storia che ci riporta all’epoca eroica degli zattieri, e che ci consente oggi di ricordare i morti del Vajont, a sessant’anni da quel terribile 9 ottobre. Una storia che non può essere solo memoria, ma deve continuare a essere tramandata come monito, perché non succeda più. Per me e per la mia comunità il rito del gemellaggio adriatico, che ha proprio l’obiettivo di ricordare il Vajont e lanciare un messaggio di prevenzione e rispetto della natura, è stato un’emozione grandissima. E insieme un esempio della vicinanza tra le Dolomiti e Venezia, tra la montagna e il mare. Qualcuno scrisse che “Quando l’ultimo abitante avrà abbandonato la montagna, le ortiche invaderanno piazza San Marco”. È proprio così: lo spopolamento della montagna è un problema di tutti, anche della pianura».