Per la giornata della memoria, i ragazzi della Scuola secondaria di Tambre hanno proposto all’intera comunità la visione del film “Schinder’s List”: 195 minuti nei quali violenza, prevaricazione, disumanità si sono alternati a speranza, coraggio, gentilezza per chiudersi con la conversione di un uomo, Oscar Schindler, che attraverso gli orrori ha riscoperto la vita salvando oltre 1000 ebrei.
Ma la giornata della memoria per la comunità è iniziata già l’11 gennaio con la commemorazione dei 33 giovani ragazzi di Tambre, Broz, Valdenogher e Cornei catturati la notte dell’11 gennaio del 1945, strappati dalle loro famiglie e portati in Germania. In ricordo delle vittime, il Vescovo Renato Marangoni ha celebrato la messa a cui hanno partecipato le autorità territoriali, sindaci, polizia, carabinieri, i rappresentanti dell’Anpi, la fanfara di Borsoi e i ragazzi della Scuola Secondaria di I grado di Tambre. A introdurre la cerimonia un canto significativo proposto dai ragazzi che ha portato a riflettere sull’importanza della vita, valore inalienabile che nessuno ha il diritto di violare. Gli stessi ragazzi, ispirandosi alla poesia “La farfalla” di Tonino Guerra, hanno portato all’altare su un piatto di ceramica bianco, una farfalla per un totale di 33, ognuna con il nome, la data di nascita e quella di morte dei giovani deportati. La farfalla simbolo della fame, della richiesta di un po’ di pane, un po’ di sale anche solo per saporire una brodaglia indefinita data a giovani uomini lavoratori che si vedevano consumare giorno dopo giorno, fino a morire per deperimento. «Non c’è amore, non c’è ricordo né speranza che possano tenere in vita un uomo che lavora tutto il giorno e ha nel corpo un brodino e qualche buccia di patata. Neanche l’abitudine può aiutare, perché per quanto ci si possa sforzare, l’umiliazione, la violenza e la morte sono ferite che l’abitudine non rimargina», come ha sottolineato la professoressa Da Re mentre le farfalle dal piatto venivano poste su un albero, simbolo della vita, ma anche delle radici della storia individuale e collettiva.
Nella giornata dell’11 gennaio oltre ai 33 giovani della conca, sono stati ricordati i fratelli Cervi grazie alla presenza di Adelmo, figlio di Aldo, uno dei 7 fratelli emiliani fucilati tutti il 23 dicembre 1943. Adelmo Cervi, invitato dall’avvocato Sperandio in rappresentanza dell’Anpi di Belluno, ha presentato il suo libro “I miei sette padri” e ha portato la sua testimonianza per sottolineare la necessità, non solo di ricordare, ma anche di continuare a lottare per il riconoscimento e la tutela di alcuni diritti. A introdurre il discorso il sindaco Sara Bona. «Ringrazio Adelmo Cervi che ha accettato di essere con noi in questa giornata di importante ricordo e memoria per la nostra comunità. Cervi è un cognome che solo a sentirlo nominare provoca qualcosa in noi, soprattutto noi adulti. La storia dei 7 fratelli Cervi, trucidati dai fascisti nel 1943, è una pagina indelebile di quel periodo tragico e difficile che segnò il passaggio dell’Italia verso la sua fase democratica e repubblicana. Ho letto alcune interviste di Adelmo Cervi e tra le molte cose mi ha colpito molto il passaggio in cui dice che per lui è difficile immaginare un padre che non ha mai conosciuto, che gli è stato portato via quando aveva 4 mesi. Penso a quei nostri giovani tambresi che nella notte dell’11 gennaio vennero caricati sui camion e spediti nei campi di concentramento: a loro è stata tolta non solo la gioia di essere padri, ma la loro morte è stata come un velo nero che si è posato sulle vite delle loro famiglie, delle loro mamme, dei loro papà, dei loro fratelli, sorelle ed amici. Ed anche sulla comunità. Una comunità che in una sola notte ha perso 33 giovani vite, una generazione, un intero futuro». Questa la storia di tante famiglie, contadini, studenti, muratori, boscaioli, falegnami, insegnanti, umili che sono stati farfalle nel loro breve viaggio verso la libertà. A chiudere la manifestazione la voce di Jessica Da Re e la chitarra di Fabio Reolon con la canzone “La Storia siamo noi” a sottolineare che ognuno di noi fa la storia ed è responsabilità di tutti continuare a raccontare, ricordare, guardare, leggere, documentare con parole, immagini, gesti e segni.