La ricorrenza dei morti per far vivere le serre: florovivaisti contro nuovi lockdown

La ricorrenza dei morti per far vivere le serre: florovivaisti contro nuovi lockdown

Crisantemi per salvare l’annata. Sembra un controsenso, ma proprio i fiori dei morti potrebbero tenere in vita i florovivaisti. Che dicono «no» a nuovi lockdown. Del resto, serre e vivai hanno visto svanire nel nulla prima l’8 marzo, poi la stagione degli orti e la festa della mamma. «Ci mancherebbe solo una nuova chiusura» tuona Francesco Montagnese, referente dei florovivaisti di Confagricoltura Belluno e titolare del Top Green di Feltre.

La speranza è tutta riposta nel buon andamento di ottobre e novembre, con la ricorrenza dei defunti, per risollevare una stagione segnata fortemente dall’emergenza Covid, con perdite pari al 70-80% del fatturato nei mesi primaverili. 

«In questi giorni stiamo vedendo un calo di persone anziane nel vivaio, perché con le notizie dell’aumento dei casi di contagio che si vedono in tv tendono a rinchiudersi nuovamente in casa – prosegue Montagnese -. Noi ci auguriamo che la paura non abbia il sopravvento e che non arrivino altre chiusure, perché per noi sarebbe la fine. Adesso per i florovivaisti è un periodo di boom. Abbiamo i vivai in piena produzione con ciclamini bellissimi, crisantemi, erika e viole. Le vendite sono partite bene, perché, finita l’estate, la gente comincia a portare fiori al cimitero e a ornare i balconi. Potremmo lavorare fino a metà novembre, poi a Natale il giro d’affari è limitato: gli alberelli si vendono sempre meno perché ormai tutti comprano quelli finti e con le stelle subiamo molto la concorrenza di supermercati e di chi le acquista dai grossisti per le iniziative di beneficenza. Quindi è fondamentale che adesso si lavori, perché sarà la nostra ultima occasione di poter recuperare le perdite subite in primavera».

Nei mesi di lockdown Montagnese aveva ipotizzato una perdita di fatturato attorno a 80mila euro, dovuta alla chiusura forzata, accusando i supermercati di concorrenza sleale in quanto avevano riempito il vuoto vendendo piante e fiori. «È stata durissima – ricorda -. Però poi, con la riapertura in giugno, c’è stato quasi un boom di vendite. Devo ringraziare i bellunesi, perché ci sono stati molto vicini e hanno comperato molto sul territorio, anziché andare fuori o continuare con l’online. Rispetto al disastro che si prefigurava, direi che ne siamo usciti bene. Però per chiudere l’anno senza perdite manca un buon autunno».

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