La piccola arnia, cultura oltre la coltura

La piccola arnia, cultura oltre la coltura

Passione, studio e continua ricerca. Sono questi i tre segreti fondamentali per diventare un buon apicoltore.

E se ci si reca alla “Piccola arnia”, a Cergnai di Santa Giustina, non si può perdere l’occasione di farsi spiegare da Claudio Mioranza il mestiere dell’apicoltore e nella fattispecie come viene prodotto il miele. Proprio del miele e del mondo delle api, infatti, ci si può perdere ore a parlare con lui.

La passione è il motore che lo muove, da quando ha ereditato alcuni alveari dal padre, per poi passare sotto la guida di «buoni maestri di apicoltura – racconta – cioè dei vecchi apicoltori esperti, che pian pianino mi hanno aiutato a capire il mondo delle api». Questi maestri lo hanno incoraggiato a intraprendere un percorso professionale, che l’ha portato poi a diventare tecnico apistico e assaggiatore certificato di miele. «Anche se c’è sempre da imparare – aggiunge – Cerco di tenermi sempre aggiornato, studiando e assaggiando tipi di miele diversi».

Nel corso degli anni numerosi sono stati i riconoscimenti a livello nazionale e la sua passione lo ha portato anche condurre serate divulgative all’interno del territorio. Non solo, la curiosità crescente che le persone hanno dimostrato non solo per la produzione del miele, ma del mondo delle api in generale, l’ha spinto a curare una rubrica di “Api-cultura” anche qui, su News In Quota (rubrica per la quale, anticipa, a breve uscirà un articolo).

«Non ci si improvvisa apicoltori – afferma – prima bisogna imparare, studiare e lavorare sodo. L’ottica non deve essere quella del successo: il colpo di fortuna può capitare una volta su dieci. Prima devi apprendere, e soprattutto crescere con loro, con le api. Grazie a questo, sono cresciuto e sono migliorato».

Numerosi sono stati gli insegnamenti ricevuti dalle sue attività a contatto con le api. Anche in termini di mutualità: «Con questo lavoro ho conosciuto tantissime persone: collaboro stabilmente con altri apicoltori. Bisogna andare oltre il proprio interesse, lasciare da parte l’orgoglio e la competizione, per invece condividere conoscenze e problematiche, perché è nello scambio che si diffonde la cultura e si cresce».

Quest’anno, la produzione è andata bene, con una media dai 20 ai 30 kg di miele prodotto. Anche se, purtroppo, le condizioni climatiche hanno come sempre inciso: «Inizialmente come apicoltori avevamo il timore che la poca neve e le poche precipitazioni di questo inverno potessero mandare in stress le piante – spiega – Invece, poi, con le piogge che ci sono state e un po’ di buon tempo, in primavera c’è stata una bella fioritura, fino a maggio inoltrato: siamo andati bene a raccolto, anzi. Da anni non si faceva una varietà così di miele millefiori primaverile e di acacia, una produzione non sempre facile in termini di varietà e qualità. Successivamente però le piante, mancando la pioggia, sono andate un po’ in stress, e in più c’è stato vento caldo. Tutte queste condizioni hanno fatto sì che le fioriture sono durate pochi giorni. Le api hanno quindi raccolto poco, anche se di qualità. Per la restante parte della stagione si sono dovute “accontentare” di prati, specie di quelli sfalciati, dove trovano comunque fiori».

Oggi sarà presente alla ormai tradizionale festa del miele di Limana, in uno stand con una sua selezione di mieli. «Generalmente non facciamo tante fiere, perché dipende dalla disponibilità del prodotto. Ma Limana non l’abbiamo mai persa». Parla al plurale perché allo stand sarà presente anche la moglie Loretta, la sua “ape regina”, come ama definirla affettuosamente. «In laboratorio è l’addetta alla smielatura, ed è anche molto brava ad allestire gli stand, li cura molto. Dovunque andiamo, poi, portiamo sempre il meglio della nostra produzione, e chi è venuto a trovarci ha sempre trovato qualcosa di nuovo. Quest’anno avremo delle eccellenze del nostro territorio: i mieli di tiglio, castagno, alcuni tipi di millefiori diversi. E poi un miele molto raro, che ho fatto per la prima volta dopo vent’anni: si tratta di un miele di calunna, detta anche brugo, un fiore spontaneo di alta montagna, con una consistenza gelatinosa, un profumo molto forte e un gusto dolce-amaro, molto raro. Ne ho fatto poco, ma mai è stato presentato né messo in vendita. Una rogna a smielarlo in laboratorio, perché gelatinoso – racconta ridendo – ma c’è stata la soddisfazione di aver fatto sempre qualcosa di nuovo anche quest’anno. L’obiettivo è sempre questo: avere margini di miglioramento su vari aspetti e introdurre qualcosa di nuovo».

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