In bici con De Bona. Quelle braccia alzate sul rettifilo del Mas

In bici con De Bona. Quelle braccia alzate sul rettifilo del Mas

Mi scusi, perché gira con una bicicletta così piccola?”

Perché posso appoggiare i piedi a terra. La schiena…È quella di mia nipote Giulia”.

L’ho osservato per un po’, i fichi del giardino stracolmi a settembre, lui l’Al Pacino più credibile di Belluno (come l’amico Palmegiani, che però di tratti d’attore americano ne mette insieme più d’uno). Ricordo di averlo visto al De Mas, anni fa. 

Col professor Pietropoli, Thomas Pellegrini e Sebastiano Pavan comincia la sua carriera sportiva, Massimiliano De Bona detto Massimo, classe quarantaquattro: attrezzistica, squadra Juventus Alpina, anelli, parallele. E vittorie. Ovvio che fossero vittorie: c’è una foto, a quattro anni, la sbarra è un manico di badile, sorretto da una parte dal padre e dall’altra dalla madre. Nelle foto più avanti, un bel bocia, un sirenetto, diventa anche tecnico accreditato dalla Federazione Ginnastica d’Italia. 

Ma, a un certo punto, irrompe brusca quella Bottecchia con cambio Simplex. È amore a prima vista, ed è il 1962: io devo ancora nascere, lui entra nella squadra Enal-Ignis di ciclismo. La velocità: è quello che piace a Massimiliano. Gare di volata, campione provinciale, sul drittone del Mas. E io penso al piano infinito, sul gira spiedo d’agosto, il lungo rettilineo —non c’è la rotonda, quaggiù, dove un tempo vendevano angurie —, polvere alzata, arsura, fosse per me ci attaccherei dentro birra che fa gola, in quei giorni appiccicosi di caucciù, ma il senso di Fiabane per la sete me lo dà meglio quell’acqua Perrier e menta che mi aspetta nel frigo, pochi minuti dopo aver scantonato davanti a casa sua, di ritorno, e scorticato dal Serva e dall’estate.

Quel giorno pioveva che Dio la mandava, il porteur ti abbandonava sullo starter, come nelle gare al velodromo, pura velocità”. 

Passano i ricordi, sono foto, articoli di Gazzettino. Nomi. Il grande Giovanni Knapp, unico bellunese a essersi aggiudicato una tappa al Giro d’Italia. “Johnny ha un anno più di me. E con me, estroso com’era, accettava di allenarsi, e delle volte gli sono stato fiero gregario. Era il mio idolo, a me sembrava di vivere un sogno. Un campione, serio, pulito”

Alla parola “pulito” la topica vagherebbe a fil di trappola, se non che è lo stesso De Bona a levarmi  le castagne dal fuoco. “Il mio doping? Arrivato agli ultimi chilometri di gara, buttavo giù un marsala all’uovo”.

Bassano-Enego a fianco di glorie nazionali, in altre occasioni gomito a gomito con Renato Bonso.  Da allievo dilettante, lascia le gare: si sposa, appende la bicicletta a un chiodo, non così in alto però: da amatore, salirà sul podio del Giro delle Puglie. 

Ecco, è tutto” mi dice, chiudendo un album, forse più di una pagina. C’è il bisogno di dire, e di essere ricordati. E c’è una poesia, del e nel, vivere, che fortunatamente poesia non è, perché fortunatamente indicibile. Come il modo e il momento preciso nel quale si è imparato, un bel giorno, a rimanere in equilibrio su due ruote. In una mia canzone considero, simile a un ciclista in fuga “…quante volte ho voluto scappare. Non per paura, ma per farmi ricordare”

Scusate l’autocitazione, ma oggi mi va, qui in bici, con De Bona. 

di Antonio Fiabane  

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