“Il lavoro degno” sotto i riflettori Cisl. «Servono stipendi diversi e valore delle persone»

“Il lavoro degno” sotto i riflettori Cisl. «Servono stipendi diversi e valore delle persone»

Il riconoscimento del lavoro di cura, ma anche il senso profondo e valoriale del lavorare oggi e i vuoti di senso con conseguente smarrimento che stanno portando tanti giovani oggi a non accettare impieghi mal retribuiti o non stimolanti. Tante le questioni affrontate dal consiglio generale della Cisl Fnp Belluno Treviso che si è svolto qualche giorno fa a Mareno di Piave e che è stato dedicato al tema “Il lavoro degno: dimensione irrinunciabile della vita sociale”.

«Il lavoro interessa direttamente i pensionati – ha detto nel suo intervento il segretario generale territoriale della Federazione dei Pensionati cislina Franco Marcuzzo -, non solo perché riguarda i nostri figli e nipoti, ed è quindi nostro dovere occuparcene, ma anche perché da anni portiamo avanti una battaglia per il riconoscimento del lavoro di cura, quasi sempre svolto da caregiver familiari, quasi sempre donne, che dopo aver dedicato la propria vita alla cura e al benessere dei propri cari, si ritrovano con pensioni da fame».

Non è mancata una considerazione sulla questione dell’ormai cronica denuncia da parte delle imprese – anche del territorio – delle difficoltà nel reperimento di risorse umane. Sull’argomento è intervenuto anche il segretario generale della Cisl Belluno Treviso Massimiliano Paglini, al tavolo dei relatori. «Il lavoro c’è – ha detto – ma non è adeguatamente remunerato né consente un benessere lavorativo. Il mondo è cambiato e servono condizioni per garantire il buon lavoro: vanno applicati i contratti collettivi e uscire dalla logica dei bonus, che non servono per risolvere i problemi del Paese».

Infine Tina Cupani, segretaria generale della Cisl Fnp del Veneto, che ha concentrato il suo intervento sulla questione della non autosufficienza. «In Veneto – ha sottolineato – gli anziani non autosufficienti sono più di 200mila; se teniamo conto che appena 30mila di loro sono in casa di riposo, immaginate il carico sulle famiglie rispetto alla cura, soprattutto sulle spalle della donna, che nel tempo ha dovuto anche rinunciare al proprio lavoro e che si è trovata ad avere poi una pensione ridotta. Ripensare la gestione della non autosufficienza non è più procrastinabile, anche e soprattutto alla luce del quadro demografico e sanitario».

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