«Giù le mani dalla sanità bellunese», a Pieve l’urlo della gente di montagna

«Giù le mani dalla sanità bellunese», a Pieve l’urlo della gente di montagna

Tre lunghi striscioni, sorretti da decine di mani, a formare la frase “Difendiamo la sanità pubblica”. Si è aperta così la manifestazione organizzata dalla rete “Giù le mani dalla sanità bellunese”.

Più di cento persone hanno sfidato il colpo di coda dell’inverno e si sono ritrovate ieri pomeriggio in Piazza Tiziano a Pieve di Cadore. Per urlare a gran voce che «I diritti delle genti di montagna non sono di serie B». Tantomeno quello alla salute. Dagli organizzatori della protesta (una rete nata dall’incontro dei vari comitati per la salute nati in questi anni nelle diverse valli del Bellunese) innanzitutto un pensiero ai giovani. Lo ha rivolto Marinella Piazza, anima del Bard, il movimento autonomista bellunese: «Ci sono quelli che lottano per non andare via e quelli che vorrebbero tornare ma non possono perché mancano servizi essenziali. È nostro dovere non arrenderci, anche per loro».

La sanità bellunese («Ma non solo, quella di tutta la montagna veneta», come scandisce al microfono Giovanni Monico, presidente dell’Auser cadorina) sconta anni di tagli e di errate programmazioni: «Un allarme inascoltato che i sindaci bellunesi riportano a Venezia da almeno 15 anni – ha ricordato il sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, intervenuto in veste di presidente della Conferenza dei sindaci del Distretto 1 dell’Ulss – e che pone all’attenzione un tema costituzionale, com’è quello del diritto alla salute. E l’unica risposta che la Regione ha sempre dato, “Basta pagare di più i professionisti”, non è accettabile, perché non è un problema di soldi ma di errata programmazione. In chiusura Massaro assolve, almeno in parte, l’attuale direttore generale dell’Usl1, Maria Grazia Carraro: «Ha riaperto un canale di ascolto con i sindaci e il territorio e si sta facendo carico di responsabilità che non derivano da lei, ma dal sistema che c’era prima.

Tra i tantissimi problemi con i quali si trovano a combattere giornalmente i cittadini bellunesi, un peso particolare occupano quelli relativi alla sfera della salute mentale. «Quando è stato chiuso il reparto di degenza del centro di Salute mentale – ha spiegato Paola Agostini, presidente di Aitsam Belluno – tantissime famiglie sono andate in grosse difficoltà – e nel resto della provincia le strutture abilitate versano in condizioni indegne». «E’ da almeno trent’anni che ce la menano con la storia che il “pubblico” costa troppo – le parole di Nico Paulon, portavoce del “Comitato feltrino per la difesa della salute pubblica” – e in questo modo ci hanno cucinato a fuoco lento, facendoci credere alla fine che sia vero. Ma ora più che mai si scopre che questo modello liberista si basa sulla diseguaglianza sociale».

E territoriale, come ha spiegato Monico: «In nessun altra parte del Veneto occorre fare 60, 90 o addirittura oltre 200 chilometri per prestazioni sanitarie tutt’altro che complicate, come capita invece agli anziani che accompagniamo ogni giorno a Belluno e a Feltre».

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