Donne al lavoro: cresce l’occupazione, ma rimangono forti differenze nelle paghe

Donne al lavoro: cresce l’occupazione, ma rimangono forti differenze nelle paghe

Cresce la partecipazione femminile al mercato del lavoro veneto: nel 2023 il tasso di attività ha raggiunto i suoi livelli massimi (67% nel secondo trimestre e 66,2% nel terzo), circa 10 punti percentuale in più rispetto alla media nazionale, il tasso di occupazione ha continuato a espandersi pur rimanendo molto al di sotto di quello maschile (62,9% nel terzo trimestre contro il 77% di quello maschile) e quello di inattività è sceso al 33%.

I DATI

Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio regionale Mercato del Lavoro di Veneto Lavoro, le lavoratrici assunte nel corso del 2023 sono state complessivamente 262.000 (un dato lievemente inferiore a quello dell’anno precedente, che si era rivelato particolarmente positivo sul fronte della domanda di lavoro, ma di dieci punti percentuale superiore a quello del 2019 in periodo pre-pandemico), con un bilancio occupazionale di 18.600 posti di lavoro in più, superiore a quello registrato per la componente maschile (+17.400). Anche nell’ultimo anno la crescita è sospinta dal progressivo rafforzamento delle posizioni di lavoro a tempo indeterminato, che negli ultimi 15 anni sono cresciute più tra le donne (+124.000 posti di lavoro al femminile dal 2008) che tra gli uomini (+83.500). Resta però elevata l’incidenza del part time, che per le donne interessa oggi quasi un’assunzione su due contro il 22% delle assunzioni al maschile. Elementi caratteristici dell’occupazione femminile si confermano poi una concentrazione della domanda di lavoro nel settore dei servizi e, soprattutto per le donne di cittadinanza straniera ma sempre più anche per le italiane, nel lavoro domestico. 

DIVARIO ELEVATO

Nonostante la crescita osservata negli ultimi anni, anche in Veneto il divario di genere resta particolarmente elevato nelle sue diverse componenti. Il Focus di Veneto Lavoro “Appunti sui principali indicatori per misurare il divario di genere”, stilato con l’obiettivo di illustrare i gli indicatori utilizzati a livello internazionale ed europeo e comprendere i fenomeni che impediscono il realizzarsi di un’effettiva parità di genere, evidenzia come il Gender Employment Gap, indicatore del divario tra tasso di occupazione maschile e femminile, ponga l’Italia al penultimo posto nell’Ue, con una differenza di 19,7 punti percentuale a fronte di una media europea di 10,7, mentre in Veneto si attesta a 17,2.

Quello occupazionale non è però l’unico indicatore che testimonia come il divario di genere sia ancora diffuso pressoché ovunque. Il Gender Equality Index mostra che in Europa l’uguaglianza di genere in termini di lavoro, reddito, istruzione, potere decisionale e salute è migliorata di appena 7,1 punti percentuale nel corso di dieci anni, toccando oggi 70,2 punti su 100. L’Italia, nonostante una crescita maggiore rispetto alla media europea, si colloca al 13° posto della classifica dei 27 Stati. Analizzando l’andamento di un altro indicatore, l’indice globale di uguaglianza di genere (Global Gender Gap Index), il World Economic Forum stima che di questo passo ci vorranno circa 131 anni affinché il mondo raggiunga la piena parità di genere, 67 nella sola Europa.

E I SALARI?

Un ruolo particolarmente importante lo assume il tema delle asimmetrie salariali, che non riguarda solo una questione di etica nei confronti delle donne, ma che può essere considerato una misura complessiva delle disuguaglianze e delle discriminazioni che interessano maggiormente le donne. Sebbene il Gender Pay Gap veda l’Italia al secondo posto della classifica Ue in termini di divario retributivo, alcuni aspetti legati alla metodologia di rilevazione del dato rendono tuttavia i risultati di difficile interpretazione. Questa misura infatti non tiene conto della minor partecipazione delle donne al mercato del lavoro rispetto agli uomini o, per fare un altro esempio, del ruolo che nel contesto italiano gioca la contrattazione salariale, che rende di fatto illegale la possibilità di retribuire diversamente i dipendenti uomini e le dipendenti donne a parità di inquadramento professionale, ma che non impedisce che si verifichino episodi di discriminazione e situazioni di disuguaglianze nelle opportunità di accesso al mondo del lavoro o in quelle di avanzamento di carriera.

Molti studi mostrano tuttavia come la partecipazione femminile nel mondo del lavoro generi una maggiore ricchezza complessiva, con un innalzamento dei livelli di produttività e innovazione. Analogamente, un aumento del tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro potrebbe mitigare gli effetti del forte calo demografico previsto per i prossimi decenni.

In questa direzione vanno i diversi provvedimenti legislativi che si sono succeduti negli ultimi anni, tra i quali la Strategia per la parità di genere nazionale ed europea e, in Veneto, la recente Legge regionale n. 3/2022 “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra donne e uomini e il sostegno all’occupazione femminile stabile e di qualità”, con la quale, nell’ottica della diffusione delle pari opportunità e dello sviluppo della personalità secondo le aspirazioni e le inclinazioni di ciascuna persona, si promuove l’affermazione del ruolo delle donne nella società e la diffusione di una cultura antidiscriminatoria a tutti i livelli.

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