Daniel Onescu: «Il mio Giro d’Italia in nove tappe»

Daniel Onescu: «Il mio Giro d’Italia in nove tappe»

Da Belluno alla Romagna, passando per la Toscana, fino alla Puglia, la Campania e la Calabria. Più che una carriera, un Giro d’Italia. Ora, però, la “maglia rosa” è di nuovo a casa: dopo tanto peregrinare, Daniel Onescu ha scelto le Dolomiti. Le Dolomiti Bellunesi. Ma è tornato con una valigia carica di esperienze, ricordi ed emozioni vissute nel professionismo. Da protagonista. E allora, vale la pena salire in sella con Daniel e farci accompagnare in questa simbolica pedalata calcistica, lungo lo Stivale. 

Siamo alle soglie del 2010 e la prima maglia nel pallone dei “grandi” ha i colori gialloblù. 

«Tutto è nato quasi per scherzo. Il Treviso era fallito e mister Roberto Raschi, che mi aveva seguito nelle giovanili, mi ha invitato ad andare in ritiro con la prima squadra, allora allenata da Gianfranco Borgato. Il quale si è subito rivolto a me con parole chiare: “Se rimani qui hai buone possibilità di giocare”. Detto, fatto. Ero titolare all’esordio di Coppa Italia contro il Venezia». 

La parentesi al Belluno è brillante. E lo è al punto da indurre il Rimini a ingaggiarti: è la stagione 2010-2011.

«Era la mia prima, vera esperienza fuori casa. E abbiamo vinto subito il campionato di serie D. Avevo 17 anni: è stato bellissimo. Anche perché condividevo campo e spogliatoio con tanti atleti di categoria». 

Nel 2013, ecco Grosseto. 

«Due annate in C. E un ulteriore salto in avanti perché la squadra era appena retrocessa dalla B: la rosa era di qualità con elementi del calibro di Obodo, Gennaro Delvecchio e Biraschi, che in questo momento è al Genoa nella massima serie. Unico neo? Ho saltato un intero girone per un infortunio al piede». 

Poi c’è la Fidelis Andria: 64 presenze da titolare, nell’arco di due stagioni. 

«È stato forse il mio momento più felice. Conoscevo poco la società, ma mi sono ambientato subito nel migliore dei modi. Ricordo il grande calore dei tifosi. E il mio gol allo stadio Via del Mare di Lecce, alla prima giornata di campionato. Questo ha contribuito ad alimentare l’entusiasmo». 

È il 2017 e arriva il Catanzaro. 

«La Fidelis Andria aveva necessità di vendere e sono finito in un club che aveva l’ambizione di stare al vertice. Ma così non è stato». 

Quindi la breve parentesi di Bisceglie.  

«Ero di passaggio. Correvo il rischio di rimanere fermo perché al Catanzaro mi hanno comunicato di non rientrare più nei loro piani quando tutte le squadre erano già allestite. A Bisceglie sono rimasto 4 mesi». 

Nel gennaio 2019, nuovamente al Nord. In Veneto, alla Virtus Verona. 

«Dopo aver girato a lungo, cercavo un posto tranquillo, con poche “rotture di scatole”: volevo disintossicarmi dalla pressione di certe piazze. E la Virtus era l’ideale». 

La Paganese è storia recente: 2020. 

«A causa del Covid il campionato è iniziato in ritardo. Ero indeciso se accettare o meno la proposta, ma alla fine mi sono trovato bene. E abbiamo ottenuto la salvezza». 

L’attualità strizza l’occhio alla SSD Dolomiti Bellunesi. 

«Qui sono a casa, con tanti ragazzi che conosco e Fregona che mi ha visto crescere. Siamo in linea con le aspettative, le difficoltà iniziali erano da mettere in preventivo. L’importante è continuare a crescere».  

Infine una curiosità, al termine di questo Giro d’Italia: il compagno più forte? E il tecnico che ha inciso maggiormente nel tuo percorso? 

«Il compagno è Paolo Sammarco, il mister è Luca D’Angelo, attuale guida tecnica del Pisa: non a caso è primo in classifica in serie B». 

Fonte: comunicato stampa

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