La storia in un quadro: Cesare Vecellio racconta la dedizione del Cadore a Venezia

La storia in un quadro: Cesare Vecellio racconta la dedizione del Cadore a Venezia

I quadri parlano. E a volte raccontano la storia, quella con la “s” maiuscola. È il caso di una pittura di Cesare Vecellio, cugino del Tiziano, che è custodita nelle sale della Magnifica Comunità e sarà esposta nelle prossime settimane a Pieve di Cadore, fresca di restauro. È la tela che racconta la dedizione del Cadore alla Serenissima, evento storico avvenuto giusto seicento anni fa, nel luglio 1420.

Cesare la dona alla Magnifica, per ornare la sala del consiglio, sul finire della sua vita. È l’ottobre del 1599. E sono passati quasi due secoli dalla dedizione. Un tempo congruo per sviluppare un simbolismo raffinatissimo.

Il quadro parla per allegoria. Si legge da sinistra a destra. La prima figura è San Marco, con tanto di leone al seguito. E non è difficile spiegare cosa simboleggia. Accanto al santo patrono di Venezia, ecco la Beata Vergine in trono, e alla sua sinistra una donna con corona e scettro: è la Serenissima, raffigurata nell’atto di ricevere la dedizione da una donna, la patria cadorina. Dietro al simbolo del Cadore, la Fedeltà di bianco vestita, che serve a rappresentare l’obbedienza, fondamentale in un atto di dedizione.

Quel che è curioso, è lo stemma tenuto in mano dalla patria cadorina, grande tanto quanto la donna che lo reca con sé. È il simbolo araldico ancora oggi utilizzato dalla Magnifica Comunità di Cadore. Raffigura due torri, unite da una catena. Si tratta dei castelli di Pieve (che si trovava sul Montericco) e di Botestagno (collocato sul rio Felizon, oltre Cortina, sul confine con il Tirolo). In mezzo c’è un albero, altro simbolo chiave per il Cadore che rifornì per anni la Serenissima di tronchi, trasportati per fluitazione lungo il Piave. Ma questa è un’altra storia.

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