Centinaia di camion ogni giorno percorrono l’Alemagna. Mezzi pesanti che effettuano viaggi transnazionali e scelgono la strada più lunga ma anche più economica, senza pedaggio. Spesso arrancano in Valboite, scaricando miasmi tra i paesini e provocando code e rallentamenti. Talvolta hanno anche causato veri e propri ingorghi, magari rimanendo incastrati nella strettoia di Valle di Cadore.
Una situazione diventata insostenibile e stigmatizzata dalle associazioni ambientaliste. Tanto da richiedere il divieto di transito. Proprio così: Italia Nostra (sezione di Belluno), Libera Veneto e Libera Cadore Presidio “Barbara Rizzo”, Mountain Wilderness, Wwf Terre del Piave Belluno Treviso e Wwf Veneto, Legambiente Veneto, Ecoistituto Veneto “Alex Langer”, Gruppo promotore Parco del Cadore e Comitato Peraltrestrade Carnia-Cadore hanno inviato al Prefetto di Belluno e al responsabile area compartimentale Veneto Anas una richiesta diretta a regolamentare il traffico pesante nella parte alta della provincia. In particolare sulla Alemagna, sulla 51 bis e sulla 52 Carnica.
«I disagi causati dal transito di mezzi pesanti lungo le arterie in oggetto sono sotto gli occhi di tutti e non hanno bisogno di ulteriori descrizioni» premettono gli ambientalisti. «Nel 2018 con ordinanze n. 109/2018 e 140/2018 Anas ha istituito per alcuni mesi (ottobre 2018-gennaio 2019) il divieto di transito ai mezzi pesanti con massa superiore a 7,5 tonnellate a esclusione dei mezzi con origine o destinazione nella provincie di Belluno, Treviso, Vicenza, Trento, Bolzano, Udine e Pordenone. Motivo della chiusura era l’aggravamento della già difficile percorribilità delle dette strade a causa dell’apertura dei numerosi cantieri in vista dei Mondiali di Sci 2021. La situazione si ripete ora con i lavori per la realizzazione delle varianti di Tai, Valle, e San Vito di Cadore oltre ad altre opere previste per le Olimpiadi 2026. Serve quindi un intervento eccezionale e urgente da parte degli organi preposti».
Da qui la richiesta: divieto di transito del traffico pesante, esattamente come era successo tra ottobre 2018 e gennaio 2019. «È evidente – concludono gli ambientalisti – che tale divieto, viste le criticità applicative emerse nel 2018-19 dovrà essere accompagnato da idonea attività di informazione nonché da altrettanto decisa attività di repressione delle infrazioni».