«A quasi due mesi dalla consegna dei lavori all’impresa Pizzarotti di Parma, torniamo come promesso sul luogo del ”delitto” – la strage dei 560 larici più 260 arbusti di varia natura, secondo i dati di Simico – per monitorare la situazione». Gli ambientalisti si danno di nuovo appuntamento per ribadire il “no” alla pista da bob di Cortina. E lo fanno partendo da un dato di fatto: i lavori non decollano.
«A parte una recinzione, nulla denota l’avanzamento dell’opera che infatti non è ancora iniziata ed è ovvio dato che non è ancora pronto il villaggio provvisorio che dovrà ospitare a Socol i circa 200 operai reclutati da Pizzarotti» spiegano dal coordinamento delle associazioni ambientaliste Alto Bellunese. «A Socol, ad oggi, troviamo solo qualche container e una distesa di fango. Eppure, l’impresa Pizzarotti ha a disposizione meno di un anno per realizzare la pista che deve essere pronta per il collaudo a marzo 2025. Non ci sembra di rilevare quella fretta che i ristretti tempi esigerebbero, come sottolineato dal Cio (Comitato Internazionale Olimpico) nella riunione di Venezia del 23 febbraio scorso. Nella stessa data Christofer Duby, direttore Cio dei Giochi Olimpici, ha affermato che “ci sarà un piano dettagliato per la legacy che verrà presentato. Ci sta lavorando la Regione Veneto e la sua versione finale sarà pronta a stretto giro”. Dove è questo piano, è pronto? Tutto tace. Come tutto pare tacere a proposito del Villaggio per gli atleti che dovrebbe sorgere nella piana di Fiames, della Medal Plaza sotto il Trampolino e del nuovo impianto di risalita ex Polveriera-Socrepes».
Tra i dubbi e i quesiti, gli ambientalisti hanno fissato una data sul calendario: sabato 13 aprile si ritroveranno a Socol, nei pressi del cantiere del bob. «Per discutere e ribadire il nostro “no” all’assalto al territorio che si sta compiendo a dispetto dei sani principi di sostenibilità enunciati nel Dossier di candidatura delle Olimpiadi e nelle direttive del Cio» spiegano. «Denunciamo ancora una volta la scarsa trasparenza, il grande impatto sull’ambiente, la dubbia eredità positiva per i territori interessati. Buoni affari per qualcuno, certo, ma non per la montagna».