Erano partiti domenica scorsa per portare il loro contributo a Casa Pollicino: la struttura-alloggio di Petrosani che accoglie bambini e ragazzi con disabilità. Ma quattro volontari bellunesi hanno rischiato di rimanere bloccati in Romania. E in quarantena. La disavventura, però, ha registrato il lieto fine, visto che il gruppo è atterrato in giornata a Treviso.
A riavvolgere il nastro della vicenda è Andrea De Piccoli, protagonista del viaggio insieme a Gianfranco Viola, Andrea e Francesco Forti (quest’ultimo vice presidente del Comitato Pollicino): «Domenica, nel primo pomeriggio, siamo arrivati a Timisoara – racconta -. E, una volta raggiunta la sede di Casa Pollicino, sono iniziate a circolare diverse notizie sul web: nello specifico, le istituzioni rumene invitavano alla messa in quarantena di coloro che provenivano dai comuni italiani, interessati dai focolai del Coronavirus».
Il mattino seguente, De Piccoli e gli altri si sono subito attivati per capirne di più: «Abbiamo coinvolto l’ambasciata e il consolato di Bucarest, in modo da avere indicazioni su come poterci muovere a Petrosani. I funzionari italiani ci hanno dato un notevole supporto, illustrando un provvedimento che, in buona sostanza, ci autorizzava a circolare liberamente. Perché noi non provenivamo dai “comuni focolaio”, ma da Belluno».
Tuttavia, visto che la prudenza non è mai troppa, sono stati interpellati pure il sindaco di Petrosani e la direzione medica locale: «I quali, in assenza di una specifica disposizione ministeriale, ci hanno consigliato di rimanere in casa, in una sorta di quarantena volontaria. Anche se nulla di scritto ci vietava di uscire». A quel punto è subentrato inevitabilmente un pizzico di timore: «L’unico nostro obiettivo era quello di tornare in Italia nella mattinata di mercoledì». Ovvero oggi. Solo che, nel frattempo, è emersa una nuova direttiva: «Il ministero della Sanità ha disposto che tutti i veneti e i lombardi in Romania fossero messi in quarantena. Il rischio era quello di rimanere lì una quindicina di giorni. Così, alle 5.30 del mattino, ci siamo diretti all’aeroporto: viaggio unico, senza tappe intermedie per evitare possibili problemi. Saliti a bordo, ci siamo resi conto che l’aereo era pieno solo al 40 per cento. Eravamo circa 50 su 180 posti disponibili».
A Treviso, il sospiro di sollievo ha accomunato i quattro volontari: «In realtà – conclude Andrea De Piccoli – l’unico dispiacere è legato al fatto di non aver potuto rispettare gli impegni e gli appuntamenti presi a Petrosani. In fondo, questo Coronavirus non è altro che un’influenza più aggressiva. E, come tutte le influenze, colpisce gli anziani o chi ha delle patologie. In Italia c’è un terrorismo mediatico».