Transizione energetica, opportunità per i Bellunesi?

Transizione energetica, opportunità per i Bellunesi?

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Tomaso Petazzi, cittadino bellunese già attivo nel Comitato anello ferroviario delle Dolomiti

Da tempo, ben prima dell’attuale contingenza dovuta alla crisi ucraina, si discute su come l’Europa (e a maggior ragione l’Italia) possa liberarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili e contemporaneamente dalle autocrazie che ne gestiscono la distribuzione.

L’attuale ricerca di fonti energetiche differenziate coincide essenzialmente nel cercare altri fornitori. 

Per il nostro Paese le strade sono due. Contratti d’acquisto via gasdotto con paesi finora marginali, come Egitto, Congo, Libia, ecc. Oppure aumento di importazione da vecchi fornitori come Azerbaijan o Algeria. Paesi dalla dubbia patente di democrazia. E conseguentemente dall’incerta costanza nel rifornimento.

La seconda consiste nell’importare gas liquefatto (in primis da Usa e Qatar). Questo mediante navi metaniere che raggiungono le nostre coste e riforniscono enormi rigassificatori. Lo stesso avviene per il petrolio.

Ma in ogni caso gas e petrolio sono destinati a costare sempre più; la legge del mercato è ferrea e spietata. Non ci sono clienti preferenziali. Il gas liquefatto poi è ancora più caro.

Attualmente si tende a far coincidere il termine “energetica” con “ecologica”. Nulla di più errato.

Ecologia fa rima con rinnovabile, cioè con fotovoltaico, solare, eolico, idroelettrico, e nucleare di ultima generazione.

Ma cosa stiamo facendo in pratica? Ricerchiamo nuovi giacimenti di gas in Adriatico, aumentiamo la quota di Gpl con conseguente posizionamento di nuovi rigassificatori. Infine estraiamo quanto più possibile petrolio in Basilicata. Con tutte le inevitabili controversie tra popolazioni e politici. E alla faccia dell’ecologia.

Le rinnovabili? In pratica rimandate a settembre. Ma di questo parleremo in seguito.

Per ovviare alle polemiche si agisce blandendo le lusinghe di ristori economici. A Piombino e in Basilicata, e forse anche in riviera adriatica, offrendo quote di gas o petrolio gratis per gli anni a venire.

Ma per lo stesso motivo i Bellunesi potrebbero/dovrebbero obiettare: “E noi?”

Perché è innegabile che da oltre un secolo essi hanno dato, come si suol dire, molto alla collettività nazionale. 

Rammentiamo quanto è avvenuto negli anni dell’immediato secondo dopoguerra, quando una accordo intergovernativo tra Italia e Belgio, ha scambiato uomini e carbone, con equivalenze oscene; un minatore…tot quintali di carbone al giorno a prezzo agevolato all’Italia. Con prezzo enorme di vite umane. Chi non ricorda Marcinelle? Ma dobbiamo rammentare anche Mousen Fontain, Quaregnon, con decine di morti bellunesi.

E l’idroelettrico? Ha costellato il territorio di dighe, laghi, infrastrutture invisibili e visibili tanto da esserne sconvolto paesaggisticamente. Fino a pagare un prezzo altissimo con quasi 2000 vittime, come dimostrato dal sacrificio del Vajont.

Finora cosa abbiamo avuto in cambio? Se qualcuno lo sa, per favore mi informi.

Differente è la situazione dei nostri cugini dolomitici di Trento e Bolzano, che grazie a convenzioni/concessioni dovute all’autonomia regionale/provinciale nel tempo sono divenuti proprietari delle concessioni idroelettriche, potendo così concedere consistenti sconti a cittadini ed imprese.

Ricordo, en passant, che Belluno produce pro capite circa 19.000 Kw/h per abitante, Trento e Bolzano non arrivano a 10.000 a testa. Quindi un eguale trattamento potrebbe avvantaggiarci notevolmente.

Ultimamente per legge deve essere riconosciuta una quota discreta di utili ai territori ove si produce energia, ma per ora sarà la Regione Veneto a riceverli, per cui mi permetto un dubbio sui criteri di distribuzione.

In ogni caso, pur con le limitazioni sofferte in quest’ultimo anno siccitoso, idroelettrico fa rima con “ecologico” e le istituzioni bellunesi ne dovrebbero essere consapevoli e trarre le debite considerazioni. 

Infine, e concludo, ci sarebbe la grossa partita dei crediti di Co² e ossigeno nell’ambito del Protocollo Kyoto, il vincolo di gran parte del nostro patrimonio boschivo in applicazione della Rete Natura 2000, operazioni non debitamente conosciute dalla Cittadinanza, che valgono altrettanti milioni di euro.

Belluno deve vedere finalmente riconosciuto appieno l’enorme valore, anche economico, del proprio territorio.

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