«Traffico sulle strade di montagna? L’autostrada non risolverebbe il problema»

«Traffico sulle strade di montagna? L’autostrada non risolverebbe il problema»

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Monica Lotto, segretaria provinciale del Partito democratico

Come ogni alta stagione le strade che conducono in montagna si intasano. Il traffico automobilistico turistico si somma a quello già critico dei residenti, lavoratori e studenti, privi di una reale alternativa alla mobilità automobilistica. A soffrire in particolare è la statale di Alemagna nel tratto tra Calalzo e Ponte nelle Alpi. Fa specie che sia proprio quel tratto dove c’è la ferrovia ma che, a causa dei lunghissimi tempi di percorrenza e di orari dei servizi decisi a tavolino senza valutare le reali esigenze della popolazione, resta di gran lunga sotto utilizzata. Ogni anno di più patiamo la mancanza della ferrovia come alternativa agli ingorghi di automobili.

I disagi che i turisti scontano ogni fine settimana e i residenti ogni giorno sulle strade bellunesi deriva da due fattori: il grave ritardo dei cantieri allestiti per rendere più sicura e scorrevole la viabilità e la mancanza di qualsivoglia alternativa. Appare del tutto fuorviante, oggi, lamentarsi perché si fanno le circonvallazioni per togliere traffico e inquinamento dalle località montane o si rettificano tracciati vecchi di secoli. L’impegno per affrontare e possibilmente risolvere gli imbuti e le strozzature della rete esistente, in Cadore, in Val di Zoldo, nel Feltrino come in Agordino, riqualificare le strade e potenziare i collegamenti intervallivi è testimoniato dal piano per la mobilità sostenibile e del territorio che ha portato in provincia investimenti per quasi 1 miliardo di euro.

Vero è che senza la ferrovia chiunque desideri o abbia necessità di spostarsi da e verso le Dolomiti rimane fortemente penalizzato. Per raggiungere il Centro Cadore da Venezia bisogna prendere un treno in laguna, spesso cambiare a Conegliano, prendere un altro treno, cambiare a Ponte nelle Alpi e prendere un terzo treno fino a Calalzo. Idem da Padova con tempi che vanno da 3 ore e un quarto fino a toccare le 5 ore e 19 minuti per percorrere rispettivamente 131 (da Venezia) o 155 (da Padova) chilometri. Per capirci, nel dicembre 1950 il diretto da Venezia copriva il percorso fino a Calalzo in 2 ore e 38 minuti senza cambi. Poi è arrivata la Regione…

Poiché è in corso il completamento dell’elettrificazione dell’anello basso delle Dolomiti, ora dobbiamo pretendere l’elettrificazione da Ponte nelle Alpi a Calalzo e un taglio drastico ai tempi dei collegamenti tra la pianura e il Bellunese e, almeno nell’alta stagione, il ripristino dei collegamenti ferroviari diretti con Roma e con Milano. Basterebbero queste due azioni, il ritorno agli orari del 1950 e due collegamenti la settimana con le principali città italiane, per ridurre il traffico, i disagi e l’inquinamento che i residenti e i turisti devono sopportare ogni fine settimana.

Chiedere la prosecuzione dell’autostrada, al contrario, non è la soluzione. Gli unici ad avvantaggiarsene sarebbero i professionisti della progettazione, sapendo che però i loro progetti rimarrebbero nei cassetti in quanto non ci sono i volumi di traffico minimi per rendere sostenibile economicamente la prosecuzione né le condizioni ambientali. Tornare ad alimentare questo dibattito significa solo spostare il problema e non affrontare il percorso che da solo può portare benefici al turismo e ai residenti, ovvero la ferrovia.

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