Scuole aperte: «Decidano i sindaci». Da Val di Zoldo la richiesta a Draghi

Scuole aperte: «Decidano i sindaci». Da Val di Zoldo la richiesta a Draghi

Caro Draghi, ti scrivo. Così riapro un po’. E di questi tempi, anche un po’ può essere moltissimo. Come nel caso delle scuole, chiuse in ogni ordine e grado da settimane e costrette alla didattica a distanza. Un surrogato di istruzione per alcuni. Un piccolo grande dramma familiare per altri. E allora non stupisce che tra le tante richieste di riapertura ci sia anche quella di un sindaco.
Camillo De Pellegrin, primo cittadino di Val di Zoldo, ha preso carta e penna. E ha scritto. Al presidente del consiglio Draghi, al governatore del Veneto Zaia, e alla Provincia. Oggetto: ripresa dell’attività scolastica. Il punto focale arriva già nelle prime righe di testo: «Si chiede di delegare ai sindaci, sulla base della specifica situazione locale e della diffusione del contagio, la facoltà di riprendere l’attività scolastica in presenza, per tutto il primo ciclo d’istruzione e per la scuola dell’infanzia». Insomma, elementari e asilo aperti, al di là della zona rossa, a seconda delle situazioni locali.

De Pellegrin sottolinea al premier Draghi che è «interesse preminente dell’amministrazione comunale la sicurezza e la salute della popolazione». Ma presenta anche il quadro del suo Comune, dove isolamento, scarsa densità di popolazione e bassi dati di contagio renderebbero possibile una riapertura delle scuole in totale sicurezza. 

«L’esiguo numero degli studenti – scuola dell’infanzia 44 alunni; scuola primaria 84 alunni suddivisi in due plessi; scuola secondaria di primo grado 57 alunni di cui 37 in seconda e terza media – è suddiviso in ben quattro plessi. Il trasporto scolastico è gestito internamente e prontamente riorganizzabile secondo le esigenze. L’indice di riempimento degli scuolabus non supera l’80% – scrive De Pellegrin -. Considerate tali circostanze lo svolgimento in presenza delle lezioni per tutte le classi non comporterebbe rischio di congestione sui mezzi di trasporto, né di assembramento o commistione fra i gruppi».

E poi c’è un altro motivo per spingere sulla riapertura. Un motivo che forse a Roma non considerano. Cioè che in montagna c’è una «persistente presenza di un divario digitale, dovuto alla scarsa connettività di alcune zone del territorio comunale, che comporta gravi disagi agli studenti nella fruizione della didattica a distanza».

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