In fuga dalla pandemia. E da un lavoro sempre più impegnativo e meno riconosciuto. Sono molti gli autisti di autobus di linea pronti ad abbandonare le Dolomiti e le sempre più dissestate strade bellunesi. L’allarme arriva direttamente dai sindacati, che in occasione dello sciopero nazionale del trasporto pubblico locale si sono ritrovati, ieri mattina, sotto la prefettura di Belluno, in Piazza Duomo.
Rivendicano il rinnovo del contratto nazionale, scaduto da 4 anni, ma soprattutto condizioni di lavoro più dignitose. «In una provincia come la nostra – spiega Alessandra Fontana (Filt Cgil) fragile e a rischio di spopolamento, il trasporto pubblico locale è fondamentale. Ma per un servizio di qualità occorre avere un lavoro di qualità, pagato e riconosciuto come tale. Non accettiamo che le aziende chiudano con utili mentre i portafogli dei lavoratori piangono e si rende impossibile conciliare vita e lavoro».
«Dopo un anno e mezzo di pandemia e un contratto scaduto gli autisti lavorano in un clima di scoramento – aggiunge Marcello Di Tavi (Fit Cisl) –. Ci appelliamo alle autorità, perché è inaccettabile essere ancora una volta qui a manifestare per questo. Ci dispiace per il disagio causato agli utenti, ma non si può continuare così. Molti colleghi, soprattutto quelli del sud, hanno già dato le dimissioni, altri si stanno guardando attorno. Il nostro è un lavoro logorante, soprattutto qui a Belluno, tra strade dissestate, neve e ghiaccio, e un nuovo assunto prende 1.250 euro al mese. Non è accettabile».
Alle 11 una delegazione sindacale ha incontrato il prefetto Mario Savastano, al quale ha consegnato un documento che riassume le difficoltà del mestiere nel Bellunese.