«Morire di lavoro è una guerra della quale pochi sembrano davvero interessarsi». È particolarmente dura la presa di posizione dei sindacati, all’indomani dell’incidente mortale che ha coinvolto Zeljko Manarin (nella foto tratta da Facebook), 57enne travolto da un macchinario. E rimasto ucciso, nella zona industriale di Paludi, in Alpago.
A intervenire, in particolare, sono i segretari generali di Cgil Belluno, Cisl Belluno Treviso e Uil Belluno, Denise Casanova, Massimiliano Paglini e Sonia Bridda: «Questo è un fenomeno che non riusciamo ad arginare. Evidentemente la legislazione esistente non è sufficiente ed è addirittura stata peggiorata, per quanto riguarda l’ambito degli appalti. Il lavoro sicuro costa di più, ma è un investimento per il futuro che va fatto. Vanno potenziati i corsi di formazione sulla sicurezza, sono necessari il rigoroso rispetto e la rigorosa applicazione dei contratti collettivi sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil. In più, da un lato va aumentata in maniera massiccia la cultura della sicurezza, dall’altro vanno snelliti alcuni aspetti troppo burocratizzati».
I segretari guardano avanti: «Stiamo definendo gli aspetti operativi per avviare il Fondo vittime sul lavoro – proseguono Casanova, Paglini e Bridda –; un Fondo di tutta e per tutta la comunità bellunese, ma non basta rincorrere soluzioni dopo che i fatti sono avvenuti e padri e madri di famiglia non faranno più ritorno a casa. Vanno rafforzati gli organici dello Spisal, dell’Ispettorato del lavoro, di tutti gli enti preposti per aumentare controlli e prevenzione sul territorio anche perché sempre più vi sono fenomeni di sfruttamento proprio dei lavoratori stranieri, così come emerge dalla ricerca dell’Università di Padova e delle Prefetture di Belluno e Treviso presentata pochi giorni fa».
E concludono: «Non ci sono più scuse o giustificazioni – concludono Casanova, Paglini e Bridda – chiediamo una risposta corale dell’intera comunità lavorativa, economica e sociale del territorio e per questo valuteremo nei prossimi giorni quali iniziative attuare per far crescere la cultura della sicurezza, per investire in formazione, per contribuire a cambiare questo modello di sviluppo che considera la vita umana come un costo necessario per la produzione».