Morì colpito dal cavo della teleferica: condannato il datore di lavoro

Morì colpito dal cavo della teleferica: condannato il datore di lavoro

Il Tribunale di Trento ha condannato a 4 anni e 5 mesi di reclusione R.S., 44enne residente nell’Agordino: unico imputato nel caso giudiziario legato alla morte di Vitali Mardari, ventottenne di origine moldava residente a Santa Giustina, avvenuta il 19 novembre 2018.

E la sorella della vittima, assistita da Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in casi di infortuni sul lavoro mortali, si è lasciata andare a un pianto liberatorio, al termine di un lungo processo. 

Ma per arrivare alla sentenza, è necessario riavvolgere il nastro. Sono trascorse poche settimane dal disastro di Vaia quando Vitali Mardari si accorda con R.S. per aiutarlo in alcuni lavoretti nei boschi di Val delle Moneghe, nel territorio comunale di Sagron Mis. Senza un regolare contratto, con loro erano presenti altri due lavoratori: tutti “in nero”. Il gruppo dei quattro si mette al lavoro, apprestandosi a tirare un lungo cavo d’acciaio che avrebbe dovuto fungere da teleferica per il trasporto del legname.

All’improvviso, però, la corda si spezza e colpisce violentemente Mardari. Il quale finisce a una ventina di metri di distanza.

R.S., anziché prestare immediato soccorso all’infortunato, con l’aiuto degli altri due uomini trasporta il corpo di Mardari vicino al ciglio della strada, coprendolo con dei pezzi di legna, e solo in seguito avvisa i soccorsi affermando di aver ritrovato il ferito per caso mentre si trovava da solo nei pressi del suo cantiere (gli altri due lavoratori, nel frattempo, si erano prontamente allontanati).

Solo che i medici ipotizzano subito un’incongruenza tra le ferite riportate e il luogo del ritrovamento.

Le indagini delle forze dell’ordine e del pubblico ministero Giovanni Benelli, insieme alle testimonianze dei presenti, hanno poi permesso di fare piena luce sulla dinamica dei fatti. Ed è così emerso così che i tre lavoratori erano privi di formazione specifica e di dispositivi di protezione individuale. Di conseguenza, non potevano svolgere lavori ad alto rischio come quelli boschivi. 

Da qui la decisione del giudice del Tribunale di Trento, che proprio a fronte dell’agghiacciante ricostruzione di tutto quanto accaduto, non ha voluto concedere all’imputato neppure una sola attenuante. R.S., inoltre, è stato dichiarato interdetto dai pubblici uffici per 5 anni e condannato ad una provvisionale immediatamente esecutiva di 110.000 euro, oltre alle spese di costituzione ad assistenza liquidate in euro 8.000 più accessori.

«Si tratta di un caso gravissimo – evidenziano Claudio Dal Borgo e Alain Menel di Giesse Belluno – accaduto per la più totale noncuranza di qualsiasi norma di sicurezza. A ciò si aggiunge quanto successo subito dopo l’incidente, con il corpo del povero Vitali preso come un sacco di immondizia e barbaramente allontanato, fatto che ha contribuito a far sprofondare la famiglia in un dolore ancor più profondo».

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