«Mio figlio di 3 anni, l’autismo. E quelle parole che fanno male»

«Mio figlio di 3 anni, l’autismo. E quelle parole che fanno male»

 

Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un padre bellunese, rispetto all’importanza di sensibilizzare la collettività sull’autismo e su tutto ciò che comporta il disturbo del neurosviluppo. 

Era il 21 marzo del 2019. 

Io e mia moglie avevamo già intuito che qualcosa non andava in nostro figlio, ma volevamo che a dircelo fosse un esperto. Un neuropsichiatra infantile. E così è stato: “comportamenti riferibili ai disturbi dello spettro autistico”.

L’intero universo è crollato. È come se avessi ricevuto duemila pugni in faccia. E altrettanti nello stomaco. Mia moglie ha pianto per qualche giorno, io invece ho preferito il buio e la solitudine. 

Poi però qualcosa è cambiato: forse ha bussato alla porta il coraggio. 

Sì, il coraggio di rialzarsi, di combattere, di gridare a tutti che questa partita magari non la vinceremo, ma almeno la possiamo pareggiare. 

Abbiamo cominciato fin da subito le terapie con gli specialisti del team “La Sedia Gialla”. Il percorso è stato molto lungo e lo sarà ancora, ma vale la pena affrontarlo. 

Mio figlio: un semplice incrocio di sguardi, un suo sorriso, una sua richiesta, un suo “mamma” o “papà” è ciò che di più grande si possa avere. Aspetti che, fino a due anni fa, non erano nemmeno contemplati. 

Cosa ci ha spinto a scrivere la nostra storia? 

Semplice: Francesco ora ha tre anni e mezzo, è autistico, ma è anche un bambino piccolo e come tale fa i capricci. 

Capita spesso che per strada o al supermercato incrociamo un altro bimbo intento a piangere, disperarsi, battere i piedi. Succede pure a mio figlio. Lui però ha una difficoltà maggiore rispetto ai suoi coetanei. 

Il soggetto autistico non è perfettamente riconoscibile, sembra una persona come tante, mentre al suo interno racchiude molteplici disagi. Forse perché percepisce il mondo esterno in maniera differente da noi. O forse perché ha solo difficoltà a farsi capire.

Il tutto si conclude a volte con urla, pianti e perfino schiaffi in testa. Tutto ciò è frustrante per un genitore. E lo è ancora di più ricevere certe parole: «Questo è un bambino viziato, non sanno fare i genitori». 

Tipiche frasi di chi non sa. 

E, purtroppo, sull’autismo non si sa tantissimo: la nostra società non è stata particolarmente sensibilizzata sulla questione. Molti ne parlano, ma pochi sanno davvero cosa si nasconde dietro una famiglia che porta un così grosso fardello. 

Più la gente verrà istruita a dovere, più se ne parlerà. Ed è allora che avremo un riscontro positivo nella società. 

Iniziamo ad abbattere le barriere dell’indifferenza e a costruire l’edificio della consapevolezza dell’autismo. 

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