Merlin d’inchiesta, Buzzati di cuore: pace fatta sugli scritti del Vajont

Merlin d’inchiesta, Buzzati di cuore: pace fatta sugli scritti del Vajont

Qualcuno continuerà a dire che sarebbe bastato mettere in dubbio la natura del disastro. Ma intanto è pace fatta tra Belluno e Dino Buzzati sulle pagine del Vajont. La celebre penna infatti aveva utilizzato la metafora del bicchiere e del sasso per descrivere la tragedia, nel pezzo intitolato “Natura crudele”. Ebbene, era un pezzo di alta narrativa, non d’inchiesta.

Lo ha chiarito il convegno andato in scena ieri 14 ottobre, a Mel (Borgo Valbelluna), dal titolo “Raccontare la tragedia del Vajont. Da Tina Merlin a Dino Buzzati, tra inchieste, polemiche e memoria”.

«Basta un pezzo di Buzzati per metterne in discussione 40 anni di onorata carriera?» ha chiesto Lorenzo Viganò, esperto di Buzzati, curatore dell’opera per Mondadori e giornalista del Corriere della Sera. Domanda retorica. Ma Viganò non si è limitato a fare l’avvocato difensore di Buzzati. Ha spiegato perché la metafora del bicchiere colmo d’acqua è pienamente valida (oltre che stilisticamente notevole). «Perché il Corriere della Sera ha mandato Cavallari e Corradi a fare la cronaca del disastro, mentre a Buzzati ha chiesto solo di esprimere un pezzo di cuore». Buzzati insomma non è Tina Merlin e non gli viene chiesto di fare inchiesta. Caso chiuso? Più o meno.

Il convegno ha tracciato anche un profilo del Buzzati scrittore, narratore e artista, prima ancora che giornalista, con la professoressa Patrizia Dalla Rosa. E un’analisi approfondita di Tina Merlin, delineata dalla sua biografa Adriana Lotto.

«Tina Merlin fa un giornalismo basato sul principio di realtà» ha detto Lotto. Ed è il motivo per cui risultò scomoda alla Sade tanto che perfino l’Unità arrivò a chiederle (o imporle, senza fortuna?) maggiore cautela nel denunciare cosa stava accadendo sul Vajont.

A Tina Merlin è intitolato il premio nazionale sul giornalismo d’inchiesta ideato dalla Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana). «Perché ancora oggi è necessario il giornalista che si “fissa” sulle cose e va a fondo delle questioni» ha detto Monica Andolfatto, segretaria Sindacato giornalisti Veneto e in giunta Fnsi. «Tina era precaria quando ha scritto del Vajont, e così accade ancora oggi, con decine e decine di giornalisti “rider” dell’informazione. Per costruire una società più informata, e quindi più consapevole, c’è bisogno di tutele per chi fa informazione». 

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