C’è poco da festeggiare, a dire il vero. Ma a suo modo quella di domani è una giornata importante, specialmente per le tasche delle famiglie. Giovedì infatti (8 giugno) è il tax freedom day, vale a dire il giorno in cui si smette di lavorare per pagare il fisco e si comincia a lavorare per se stessi.
Premessa d’obbligo: è un dato puramente teorico e non vuole in alcun modo essere un modo di sostenere che le tasse siano un “pizzo di Stato” come ha detto qualcuno. Semmai una constatazione di quanto incida il fisco sull’anno lavorativo di una persona qualsiasi.
COS’È?
Come si è giunti a stabilire che l’8 giugno è il “giorno di liberazione fiscale” del 2023? La stima del Pil nazionale prevista quest’anno (2.018.045 milioni di euro) è stata suddivisa per 365 giorni, ottenendo così un dato medio giornaliero (5.528,9 milioni di euro). Di seguito sono state “recuperate” le previsioni di gettito delle imposte, delle tasse e dei contributi sociali che i percettori di reddito verseranno quest’anno (874.132 milioni di euro) e sono state rapportate al Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione ha consentito all’Ufficio studi della Cgia di Mestre di calcolare il tax freedom day del 2023 dopo 158 giorni dall’inizio dell’anno, ovvero l’8 giugno.
DATA VARIABILE
Il tax freedom day è come la Pasqua: cade di sicuro tra maggio e giugno, ma la data è variabile. Dal 1995, la data del “giorno di liberazione fiscale” meno in là nel calendario si è verificata nel 2005. In quell’occasione, la pressione fiscale si attestò al 39 per cento e ai contribuenti italiani “bastò” raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle l’impegno economico richiesto dal fisco. Osservando sempre il calendario, quello più in “ritardo“, invece, si è registrato nel 2022, allorché la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il “giorno di liberazione fiscale” è scoccato il 9 giugno.