«La mia quotidianità in isolamento, con due figli e un marito: ecco come la vivo»

«La mia quotidianità in isolamento, con due figli e un marito: ecco come la vivo»

 

Una donna, una lavoratrice, ma soprattutto una moglie e una madre. A quasi 40 anni, la quotidianità è scandita da orari, impegni. E responsabilità. Fino a quando non arriva una telefonata: «Lei è stata a contatto con una persona risultata positiva al Covid-19. Dovrà rimanere in isolamento fiduciario per i prossimi 14 giorni». Ed è proprio in quel momento che le lancette dell’orologio si bloccano. Tutto sembra fermarsi. Tutto, ma non gli altri.

«Quando mi hanno avvertita – spiega la donna, residente in provincia di Belluno – il primo pensiero è andato a un familiare che ha qualche problema di salute. Poi, però, ho subito cercare di entrare in questa nuova dimensione». Lo smartphone è sempre acceso: «Anche perché, dall’Ufficio Igiene, mi telefonano due volte al giorno per capire se ho la febbre o altri sintomi. Ma io sto bene. Molto bene. Sono convinta di non avere il virus».

Il problema, semmai, è un altro: il contatto visivo e affettivo con i figli è immutato. Quello fisico, non esiste più: «Viviamo nella stessa casa, ma in zone separate. Non li posso toccare, devo sempre mantenere una distanza di sicurezza. E, quando passo in determinati punti, ho l’obbligo di disinfettare ogni centimetro, o quasi. Fortunatamente abbiamo due bagni: uno lo utilizzo soltanto io. E poi dormo in una camera singola. Il lavaggio? I miei indumenti sono a parte, così come le posate che utilizzo a pranzo e a cena». Anche la vita sociale è ridotta a zero: «Ovviamente non posso muovermi dall’abitazione, ma nemmeno ricevere visite. Pure i miei figli non ospitano più i loro amici». E il lavoro passa inevitabilmente in secondo piano: «Faccio quel che posso da casa. Un po’ poco, ma ora ci sono altre priorità».

Insomma, la quotidianità è stravolta: «Occupo le mie giornate leggendo libri, soprattutto dei saggi legati alla mia professione. Ho riscoperto il piacere di fare dei solitari con le carte da gioco, mentre in televisione cerco di informarmi sull’attualità. E su questo Coronavirus: come mi è stato suggerito dall’Ordine degli psicologi, scelgo lo stesso canale in due fasi diverse del giorno, in modo da evitare i bombardamenti di notizie, magari contrastanti». Poi, è inevitabile, ci si guarda un po’ dentro: «Mi capita di riflettere su ciò che avevo e che momentaneamente non ho più. E imparo ad apprezzare le piccole cose. L’isolamento sociale non è facile da condurre, ma si può fare. A volte mi sento frustrata, fino a quando penso che, con il semplice rispetto delle regole, sto aiutando in maniera concreta chi è in difficoltà. O potrebbe esserlo in futuro, se queste regole non le seguissi alla lettera».

L’anomalo periodo si può riassumere in quattro parole chiave: «Il “tempo”, una dimensione che si ritrova, per se stessi e per gli altri. Poi la “famiglia”, perché sei a casa col marito e con i figli. E ti occupi di loro in maniera diversa. Quindi, la “responsabilità”: verso chiunque, specialmente i più deboli. E infine il “sacrificio”: non solo economico, ma in termini di rinuncia alle abitudini e a stare con le persone che ami».

Nel frattempo, la “quarantena” domiciliare continua. Per la mamma bellunese e per centinaia di persone: «Dobbiamo avere fiducia negli operatori sanitari. Ora più che mai».

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