L’orgoglio di aver rappresentato ai massimi livelli di governo il Bellunese e di aver giocato un ruolo importante per il territorio, dalla risoluzione delle crisi aziendali di Acc e Ceramica Dolomite nella sua Borgo Valbelluna agli interventi per i Mondiali di sci 2021 e le Olimpiadi 2026; il rammarico di non essersi potuto ricandidare in Veneto; un futuro politico ancora da scrivere, ma nel quale si vede protagonista del coinvolgimento dei giovani: in attesa di conoscere i nomi del prossimo Governo – e di sapere se anche questo esecutivo vedrà tra i suoi componenti un bellunese, con il toto-ministri che vede Luca De Carlo tra i papabili per un posto da ministro o sottosegretario all’agricoltura -, c’è chi si appresta a salutare i palazzi romani.
Per Federico D’Incà, Ministro per i rapporti con il Parlamento, dal 2018 al 2019 Questore alla Camera dei Deputati, poi Ministro sotto due Presidenti del Consiglio (nel governo Conte II e poi in quello Draghi), è tempo di bilanci.
Anni difficili che hanno portato però anche soddisfazioni, soprattutto a livello bellunese.
In questa legislatura, D’Incà non tornerà a Roma: dopo la sua uscita dal Movimento 5 Stelle, le trattative non hanno portato all’individuazione di un posto in Veneto, e per il ministro uscente il fattore territoriale è fondamentale.
Parlando di legame col territorio, impossibile non rilevare come Belluno passi da sei parlamentari ad un solo rappresentante eletto.
Nel mirino finisce quindi la legge elettorale, tanto criticata – a posteriori – anche dagli stessi partiti, e che per la sua logica ha tenuto lontani dalle urne non solo i bellunesi (poco meno del 64%, -10% di affluenza rispetto al 2018), ma anche molti italiani (di poco superiore al 64%, e anche qua -10% in cinque anni).
Sul futuro politico di D’Incà, nessuna anticipazione, nemmeno su una eventuale partecipazione alle regionali 2025 (“Vedremo in futuro cosa ci sarà”): per ora, attenzione alla famiglia e, in prospettiva, la volontà di avvicinare i giovani all’attività amministrativa e politica.